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Potrebbe sembrare una questione solo sindacale, ma non lo è.
L’attacco alla scuola pubblica non è solo rivolto ai diritti contrattuali degli insegnanti; è – soprattutto – un colpo sferrato ai diritti delle studentesse e degli studenti. A quelli che, domani, saranno cittadini con diritti e doveri nel nostro Paese. Un colpo, insomma, a tutta la società e al modo in cui il nostro Paese costruirà il proprio futuro.
Spiegare in poche parole cosa è contenuto nel ddl La Buona Scuola per chi non sia un “addetto ai lavori” è compito difficile; molto più facile cavarsela con lo slogan “3 miliardi, 100.000 assunzioni”. E’ uno slogan che vuole “coprire” ben altri contenuti.
La proposta governativa – che stanno tentando autoritariamente di imporre alla società, violando le democratiche regole di ascolto e di dibattito, come hanno fatto e stanno facendo per le riforme istituzionali, il Jobs Act, la legge elettorale – mina invece alla radice i vincoli che la Repubblica ha dato, nell’interesse generale, alla propria scuola, quella statale:
- pubblica ed inclusiva: di/per tutte/i, a prescindere dalle condizioni economiche e culturali, luogo in cui tutte le possibili “diversità” trovano confronto, accoglienza e sintesi; perché chi sta meno bene deve trovare in quella scuola la possibilità di emanciparsi, di migliorare la propria condizione; organizzata sulla base di ordinamenti uguali e condivisi che garantiscano pari opportunità per tutti
- gratuita e “libera”: perché sostenuta dalla fiscalità generale e fornita di tutti i mezzi necessari (senza dove ricorrere a contributi aggiuntivi da parte delle famiglie o di “sponsor” più o meno interessati)
- laica e pluralista: perché la scuola pubblica, garantita dallo Stato, non può privilegiare (né tantomeno finanziare) UN orientamento (sia esso religioso o di altra natura) ma deve rappresentare la pluralità delle opinioni, degli stili, delle impostazioni – pur nel rispetto intransigente delle norme generali – al fine di formare cittadini liberi e consapevoli, in grado di partecipare democraticamente alla vita politica e civile);
- democratica e partecipativa: perché si può imparare e si può invitare ad imparare solo senza coercizione, in un ambiente aperto, dove operino il confronto e il rispetto reciproci, senza gerarchie di ruoli, sanzioni, pensieri dominanti; perché governata democraticamente dagli organi collegiali dei docenti, dei genitori e degli studenti;
Il dirigente manager e decisore unico, gli insegnanti privati della libertà di insegnamento, la valutazione usata come carota e bastone per piegare ad un’unica modalità il modo di insegnare e quello di apprendere; l’apprendistato precoce, la scuola ridotta ad un’azienda gerarchizzata, dove la “guerra tra poveri” si concretizzerà in una pratica competitiva per conquistare premi e limitatissime posizioni di “potere”, l’entrata dei privati, che finanzieranno ovviamente gli istituti dai quali potranno meglio trarre profitto; 5 per mille ognuno alla “sua” scuola, con una differenziazione sempre più evidente tra scuole di serie A sostenute/frequentate/per famiglie benestanti e scuole di serie B, C, …..
Occorre, oggi, decidere da che parte stare: tentare di proteggere il poco che ancora (per quanto?) ciascuno di noi ha per sventare individualmente le possibili conseguenze di un progetto autoritario – che si colloca in un panorama ancora più ampio, che investe le riforme istituzionali, la riforma elettorale, il Jobs Act; oppure provare a ricordare, difendere e rilanciare il patto sociale su cui si basa la nostra Costituzione, che ha permesso e può permettere di stare tutti un po’ meglio (attraverso la scuola e la sanità pubbliche e l’affermazione dei propri diritti): democrazia, solidarietà e giustizia.
È per questo che la battaglia contro i provvedimenti che il Governo sta approntando nei confronti della scuola pubblica non può e non deve essere questione che riguardi solo studenti e lavoratori della scuola.
Non vi chiediamo solo di comprendere. Ma di essere tutti insieme il 5 maggio e nelle prossime mobilitazioni.
Perché non può esserci nel Paese una effettiva democrazia, se non c’è una scuola democratica.
Il Comitato nazionale di sostegno alla Legge di Iniziativa Popolare per una buona scuola per la Repubblica
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adri.
raccogliamo le firme e sottoponiamola a giudizio referendario.
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