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La Lip – la “Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica” –  è nata per realizzare i principi e i  compiti che la prima parte della Costituzione assegna alla scuola: democrazia, inclusività, laicità, equità, piena formazione per ciascuna bambina, ciascun bambino, tutte le ragazze ed i ragazzi in ogni scuola ed in ogni parte del Paese.

La Lip è stata la nostra bandiera ed il nostro paradigma nella battaglia contro la Buona/Pessima scuola. Alla Lip abbiamo continuato a lavorare per attualizzarla e renderla ancora più splendida ed incisiva, ed il 22 gennaio 2016 ci ritroveremo ancora una volta per darle la sua veste definitiva, a Roma, in via Flaminia 53, a partire dalle 9.30.

Ora che siamo riusciti ad evitare lo stravolgimento della seconda parte della Costituzione abbiamo piú forza e determinazione per realizzarne la prima, a cominciare dalla scuola della Costituzione, il faro e la prospettiva della Lip.

Qui di seguito sotto trovate il testo della Lip alla luce delle rielaborazioni di questi mesi; da oggi al 22 gennaio potete inoltrare riflessioni e proposte (meglio se sotto forma di emendamenti ed articolati) come commenti all’articolo (in calce al testo della legge, negli appositi spazi previsti dall’architettura del blog – c’è un primo commento di esempio).

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Per una buona scuola per la Repubblica

Legge di iniziativa popolare

NORME GENERALI SUL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE STATALE NELLA SCUOLA DI BASE E NELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO.

DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI IN MATERIA DI NIDI D’INFANZIA.

DELEGA PER IL RIORDINO DEGLI ORGANI COLLEGIALI CENTRALE, PERIFERICI E DI ISTITUTO

 

Titolo I – Il Sistema Educativo di Istruzione Statale

 Art. 1. Principi.

Il Sistema Educativo di Istruzione Statale:

  1. si ispira a principi di pluralismo e di laicità;

  2. è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, alla formazione del cittadino e della cittadina, all’acquisizione di conoscenze e competenze utili anche per l’inserimento nel mondo del lavoro, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno/a, secondo i principi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia;

  3. concorre altresì a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale, culturale e di genere, che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine;

  4. garantisce la partecipazione democratica al suo governo da parte di docenti, educatori, personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo, genitori e studenti;

5. si fonda sulla libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione quale principio imprescindibile di garanzia dell’interesse generale.

Art. 2. Finalità generali.

  1. Il Sistema Educativo di Istruzione Statale promuove l’acquisizione consapevole di saperi (conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti e pratiche di relazione), visti come aspetti del processo di crescita e di apprendimento permanente, con un’attenzione costante all’interazione ed all’educazione interculturale, che si caratterizza come riconoscimento e valorizzazione delle diversità di qualsiasi tipo ed è intesa come metodo trasversale a tutte le discipline.

  2. A tal fine la pratica scolastica si organizza in un’alternanza di lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico – educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, interventi educativi aperti al territorio.

 Art. 3. Diritto all’istruzione.

  1. Lo Stato riconosce a tutti/e il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione, garantendo a questo scopo l’accesso totalmente gratuito alle Scuole Statali di Base e Secondarie di secondo grado.

  2. Lo Stato garantisce la gratuità dei libri di testo e del trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle Scuole Statali dell’obbligo di ogni ordine.

  3. Lo Stato per garantire l’emancipazione dal contesto socioeconomico di provenienza e per abbattere la dispersione scolastica, mediante appositi finanziamenti, promuove e incentiva l’accesso ai saperi ed al mondo della cultura in forma totalmente gratuita.

  4. Lo Stato promuove e sostiene l’attivazione di corsi per l’Educazione degli Adulti. Tali corsi, fatta salva l’equiparazione degli obiettivi e dei titoli conseguiti, competono ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), che forniscono gli spazi ed il personale docente e non docente per la loro realizzazione.

  5. Lo Stato assicura al Sistema Educativo di Istruzione Statale le risorse adeguate, destinando a questo scopo almeno il 6% del Prodotto Interno Lordo.

  6. Ai sensi dell’art. 33 della Costituzione, l’attivazione e il funzionamento delle scuole private di ogni ordine non comportano oneri a carico dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.

 Art. 4. Articolazione.

  1. Il Sistema Educativo di Istruzione Statale è costituito dai Nidi d’infanzia e dalle scuole statali di ogni ordine e grado. Il segmento scolastico si articola nella Scuola di Base e nella Scuola Secondaria di secondo grado. È abrogato il primo periodo dell’articolo 1, comma 1, della Legge 10 marzo 2000, n. 62.

  2. Ove si determinino le condizioni per il passaggio allo Stato delle sezioni di Scuola dell’infanzia comunale, vengono trasferite allo Stato le relative spese di funzionamento nonché il personale. L’inquadramento del personale nei ruoli statali sarà disciplinato da una specifica sessione negoziale tra l’ARAN e i sindacati di categoria del comparto scuola, sulla base del principio del mantenimento delle mansioni e dei livelli stipendiali in godimento, salva la possibilità di trattamenti di maggior favore.

 Art. 5. Obiettivi dei diversi livelli del Sistema Educativo di Istruzione Statale

  1. Il Nido d’Infanzia concorre alla crescita ed allo sviluppo delle potenzialità individuali dei bambini e delle bambine, nel quadro di una politica socio-educativa della prima infanzia.

2. Nell’ambito della Scuola di Base, costituita come all’articolo 4, il contesto educativo si basa sulla relazione, strumento e fine di ogni apprendimento.

3. La Scuola dell’Infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine. Ciò nel rispetto della loro personalità, per lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia e delle competenze, nell’ambito cognitivo, in quello affettivo e relazionale assicurando un’effettiva uguaglianza delle opportunità educative.

Come specificità pedagogica/didattica si assumono il gioco come strumento privilegiato per l’apprendimento ed approcci progettuali integrati ed unitari, la dimensione dell’accoglienza trasversale e continuativa nel tempo come modalità specifiche per i percorsi di sviluppo dei bambini

4. La Scuola Primaria favorisce la costruzione delle conoscenze, dei saperi e delle abilità di base, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali; potenzia le capacità affettive e relazionali, attraverso un percorso di conoscenza e valorizzazione di sé e dell’altro/a in un ambiente accogliente e stimolante.

5. La Scuola Secondaria di primo grado persegue l’educazione sociale, affettiva ed emotiva dei ragazzi e delle ragazze, per la valorizzazione di sé e dell’altro/a, organizza ed accresce le conoscenze e le abilità, cura la dimensione sistematica delle singole discipline e della loro interrelazione; è finalizzata allo sviluppo ed al rafforzamento delle capacità di studio autonomo e favorisce la scelta consapevole della Scuola Secondaria di secondo grado.

6. La Scuola Secondaria di secondo grado persegue le finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite in precedenza, sostenere e incoraggiare le attitudini e le aspirazioni, fornire strumenti per l’affermazione dell’autonomia personale, arricchire la formazione culturale, umana e civile, sostenendo la progressiva assunzione di responsabilità, offrire conoscenze e capacità adeguate per l’accesso ai livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro.

 Art. 6. Gestione delle discontinuità.

  1. Ogni Scuola del Sistema Educativo di Istruzione Statale realizza i necessari collegamenti con quella precedente e quella successiva per gestire le discontinuità del processo di apprendimento. A tale scopo il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisce i profili di uscita relativi ad ogni ordine di Scuola. A partire da questi, ogni singolo istituto predispone sedi opportune di confronto, progettazione ed attuazione operativa di percorsi didattici di raccordo, da attuare tra docenti dei due ordini di Scuola coinvolti, con gli alunni/e e con il coinvolgimento dei genitori. Tali progetti sono promossi e sostenuti direttamente dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Art. 7. Obbligo scolastico.

  1. L’obbligo scolastico si assolve e si certifica nel Sistema Educativo di Istruzione Statale, decorre a partire dalla frequenza del terzo anno della Scuola dell’Infanzia e termina con il diciottesimo anno d’età.

  2. A partire dalla Scuola Primaria, il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio nell’ambito del Consiglio di Interclasse/Classe con la sola componente insegnante.

  3. La non ammissione dell’alunno/a alla classe successiva può essere proposta solo se il progetto d’individualizzazione predisposto per superare le difficoltà di apprendimento non ha avuto efficacia comprovata.

  4. La non ammissione alla classe successiva non può essere determinata da motivi comportamentali e deve essere accompagnata da precise indicazioni progettuali, atte a garantire all’alunno/a il raggiungimento nell’anno successivo degli obiettivi prefissati.

  5. La valutazione periodica dell’alunno/a ed il giudizio finale sono documentati con apposito attestato fornito dal Ministrodell’istruzione,dell’universitàedellaricerca.

  6. Al superamento di ogni ordine di istruzione è previsto il rilascio di un apposito diploma con valore legale e uguale su tutto il territorio nazionale.

  Art. 8. Laicità del Sistema Educativo di Istruzione Statale

  1.  L’insegnamento della religione cattolica, garantito a chi ne faccia richiesta (Nuovo Concordato 1984, art.9), è collocato in orario extracurricolare.

  2.  Cerimonie religiose e atti di culto non hanno luogo nei locali scolastici, né in orario scolastico, né in orario extra scolastico.

 Art. 9. Formazione delle classi

  1. Ogni istituto scolastico definisce il numero di classi in modo che in ciascuna di esse il numero degli alunni e delle alunne non sia superiore a 22, salvo quanto disposto dai successivi articoli 12 e 13.

  2. Non è consentita la formazione di classi differenziali sul piano delle abilità, dei risultati scolastici, delle credenze religiose, delle origini culturali diverse, del genere e di qualsiasi altro criterio che di fatto discrimini e pregiudichi le pari opportunità di apprendimento e inclusione.

 Art. 10. Funzione docente.

  1. Nel Sistema Educativo di Istruzione Statale vengono sancite l’unicità della funzione docente, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e funzionali, e la pari dignità di tutte le discipline e ambiti disciplinari.

  2. La qualificazione dei/lle docenti è centrata sulla formazione, sia iniziale sia in itinere. Essa è condotta prevalentemente secondo la metodologia della ricerca-azione e rappresenta un obbligo, sia per lo Stato, che garantisce risorse adeguate, sia per le singole istituzioni scolastiche. I/le docenti progettano e partecipano agli interventi formativi ritenuti collegialmente necessari.

  3. La nomina a Dirigente scolastico avviene a seguito del superamento di un concorso nazionale per titoli ed esami, sulla base del punteggio riportato. La relativa graduatoria nazionale rimane aperta per 5 anni. Requisito necessario per la partecipazione al concorso è aver insegnato nella Scuola Statale per almeno 10 anni.

 Art. 11. Organici

  1. Le dotazioni organiche delle Istituzioni Scolastiche sono determinate annualmente entro il 31 marzo, sulla base del numero di classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai singoli istituti.

  2. L’organico di ciascun istituto scolastico viene maggiorato per rispondere alle esigenze di cui agli articoli 12, 13 e 14 della presente Legge, secondo norme e regolamenti emanati successivamente.

  3. Lo Stato riconosce il valore della stabilità degli organici e della continuità didattica nell’assegnazione dei/delle docenti alle classi, quali elementi che concorrono ad una maggiore qualità del Sistema Educativo di Istruzione Statale.

  4. A tal fine, in coerenza col dettato costituzionale, emana norme e regolamenti che ne garantiscano l’effettiva applicazione, anche con il conferimento ogni anno di nomine a tempo indeterminato su tutte le cattedre vacanti, da effettuare esclusivamente attraverso graduatorie pubbliche, sia per titoli ed esami sia per soli titoli, nelle quali deve essere data priorità al servizio prestato nella Scuola Statale.

  5. Allo scopo di assicurare il rispetto dei principi contenuti nella presente Legge, le Amministrazioni che ne sono destinatarie devono garantire adeguate dotazioni organiche, costituite da personale a tempo indeterminato in possesso di specifici titoli professionali.

 Art. 12. Lotta alla dispersione scolastica.

  1. Al fine di perseguire le finalità di cui all’articolo 1 e contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, ogni istituto progetta interventi rivolti agli alunni ed alle alunne in situazioni di disagio socio-ambientale e/o in difficoltà di apprendimento.

  2. Lo Stato assicura ad ogni scuola una dotazione aggiuntiva di docenti opportunamente formati/e, che concorre alla progettazione e realizzazione di tali interventi, insieme ai/lle docenti delle singole classi. Ogni istituto progetta e realizza gli interventi in collaborazione con i servizi territoriali.

  3. Nelle aree a forte disagio socio-ambientale il numero di alunni/e per classe non deve essere superiore a 20.

 Art. 13. Valorizzazione delle diversità.

  1. Il Sistema Educativo di Istruzione Statale valorizza tutte le diversità e affronta il disagio scolastico in tutte le sue espressioni.

  2. L’inclusione delle persone con disabilità si realizza a norma delle leggi n. 104/92, n. 517/77 e del D.Lgs. 297/94.

  3. Su richiesta di ogni singolo istituto, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca assicura, prima dell’inizio dell’anno scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti nominati su posto di sostegno necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali coinvolte. Tali insegnanti dovranno essere in possesso del titolo di specializzazione.

  4. La formazione delle sezioni e delle classi iniziali nella Scuola dell’Infanzia e nella Scuola Primaria viene effettuata, di norma, con l’inserimento di un solo alunno/a diversamente abile; le sezioni e le classi successive di queste Scuole e le classi della Scuola Secondaria di primo grado e della Secondaria di secondo grado non possono essere costituite con l’inserimento di un numero superiore a due alunni o alunne con disabilità, di cui solo uno in condizione di gravità (L 104, art,3 comma 3)

  5. Per assicurare la massima efficacia al processo di inclusione scolastica, le classi che accolgono un alunno/a con disabilità sono costituite con due alunni/e in meno rispetto a quanto disposto dal precedente articolo 9 comma 1.

  6. Nella determinazione dell’organico va garantita l’assegnazione di docenti nominati su posto di sostegno per tutto l’orario richiesto dal progetto didattico-educativo, fino a coprire interamente l’orario di permanenza a scuola dell’alunno/a, se necessario.

  7. La Scuola garantisce il regolare e periodico funzionamento dei gruppi di lavoro sulla disabilità, ai quali devono obbligatoriamente partecipare tutte le componenti.

  8. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e dellar icerca destina adeguate risorse per qualificare professionalmente tutti gli operatori delle scuole con alunni e alunne in situazione di disabilità e disagio.

  9. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca eroga alle scuole un fondo speciale da utilizzare secondo le esigenze dei progetti didattico-educativi previsti o presentati.

 Art. 14. Acquisizione linguistica ed inclusione degli alunni e delle alunne di lingua madre non italiana

  1. Lo Stato riconosce il diritto all’istruzione, nonché l’obbligo scolastico, a tutti coloro che sono presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dallo status giuridico o di immigrazione.

2. Al fine di promuovere una proficua educazione interculturale e la piena acquisizione della lingua italiana per la comunicazione e l’apprendimento agli alunni/e di lingua madre non italiana, lo Stato assicura a ciascuna scuola una dotazione aggiuntiva di docenti opportunamente formati; tale dotazione aggiuntiva verrà determinata in misura di almeno un/una docente ogni 5 alunni/e con necessità di prima alfabetizzazione e di almeno un/una docente ogni 25 alunni/e di recente immigrazione (da meno di tre anni in Italia).

  1. Lo Stato assicura alle scuole i fondi e le risorse necessarie per garantire almeno un’ora alla settimana di insegnamento della lingua/cultura madre, anche in rete con altri istituti, aperta alla partecipazione di tutti gli alunni/e, e per realizzare percorsi di accoglienza, orientamento e supporto a favore delle famiglie immigrate, al fine di renderle pienamente partecipi dell’esperienza formativa dei propri figli e favorirne la partecipazione alla vita sociale.

 Art. 15. Percorsi Didattici.

  1. Allo scopo di garantire sul territorio nazionale un’offerta didattica e formativa omogenea, il Ministero dell’ istruzione, dell’università e della ricerca adotta Percorsi Didattici e definisce gli obiettivi di base che devono essere raggiunti dagli alunni e dalle alunne di ciascun ordine di istruzione.

  2. I Percorsi Didattici della Scuola di Base e del curricolo di base del biennio unitario della Scuola Secondaria di secondo grado, di cui all’art. 28 comma 2, saranno progettati per favorire un’evoluzione armonica di approccio alle discipline, in un’ottica di governo delle discontinuità didattiche tra tutti i livelli del Sistema Educativo di Istruzione Statale.

  3. I Percorsi Didattici saranno elaborati da gruppi di lavoro costituiti da docenti rappresentativi delle diverse Scuole del Sistema Educativo di Istruzione Statale e da esperti/e di riconosciuto valore scientifico, nominati su indicazione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, con procedura pubblica. La loro attività dovrà prevedere una fase di ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e attivo di insegnanti, genitori, studenti, personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e cittadini.

 Art. 16 Valutazione di sistema

  1. Per monitorare l’efficacia del sistema nazionale scolastico, al fine di individuare le aree di maggiore criticità per poter intervenire nei modi più opportuni, è istituito l’Istituto Nazionale di Ricerca sul Sistema scolastico. Tale Istituto procede ad indagini, sia campionarie sia attraverso casi di studio. I componenti del Comitato Direttivo, designati dal Consiglio Nazionale dell’Istruzione, eleggono il Presidente e nominano il Consiglio scientifico. Tutte le cariche hanno durata quinquennale. L’Istituto assume le funzioni precedentemente assegnate, nell’ambito del Sistema nazionale di valutazione, a Indire e Invalsi.

  2. L’Istituto Nazionale di Ricerca sul Sistema scolastico è organizzato come ente autonomo, indipendente dal MIUR e dispone di un apposito apparato di personale tecnico, reclutato con pubblico concorso per titoli ed esami a tale scopo, ed ha il compito di mettere le istituzioni scolastiche in condizione di attuare compiutamente quanto previsto dai precedenti artt. 2, 3, 5, 6 e 7 della presente legge. Compiti specifici di tale apparato tecnico saranno:

–            individuare strategie per la riduzione delle sperequazioni di risorse e opportunità tra i diversi istituti, fino al loro completo superamento;

–            monitorare la costante realizzazione degli obiettivi del Sistema Educativo di Istruzione Statale;

–            analizzare le condizioni per l’efficacia dell’insegnamento e per eventuali interventi di supporto.

3. L’Istituto invia una relazione periodica, con cadenza almeno annuale, al Consiglio Nazionale dell’Istruzione e al Parlamento sulla condizione del sistema scolastico

 Art. 17. Autovalutazione.

  1. Al fine di agevolare ulteriormente il raggiungimento di un alto livello qualitativo del Sistema Educativo di Istruzione Statale, ogni scuola realizza annualmente al suo interno un percorso di auto-valutazione. Questo è mirato ad identificare eventuali punti deboli su cui intervenire o esperienze didattiche-educative efficaci da diffondere, a stabilire se la dotazione ed il livello delle risorse disponibili è adeguato, a valorizzare, coinvolgere e responsabilizzare il personale scolastico relativamente al raggiungimento degli obiettivi posti in sede di programmazione.

  2. L’auto-valutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo, questionari, colloqui e tutto quanto verrà ritenuto utile, a partire dalla compartecipazione di studenti/studentesse nella scuola Secondaria di secondo grado e dei loro genitori, aiuta la scuola a ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione educativa, didattica e progettuale sugli alunni/e, sui/lle docenti e sui genitori.

  3. A questo scopo ogni scuola, con il supporto di opportuni finanziamenti statali, si avvale del contributo di figure professionali esterne (docenti di altre scuole, anche di diverso ordine, e di dipartimenti universitari, nonché specialisti/e in discipline variamente attinenti alle problematiche della didattica), che avranno il compito di facilitare l’azione autovalutativa e didattica, di aiutare la gestione delle dinamiche dei gruppi di lavoro e di contribuire alla risoluzione di ogni eventuale problema.

 Art. 18.Valutazione degli apprendimenti

1. Gli apprendimenti acquisiti dagli alunni e dalle alunne sono verificati periodicamente, nel rispetto di tempi distesi, per monitorare i risultati raggiunti. La valutazione sarà di tipo formativo e verrà comunicata periodicamente ai genitori (ed alle studentesse e agli studenti nella scuola secondaria di secondo grado) sotto forma di valutazione ”narrativa” dei progressi e delle acquisizioni conseguite. Tale valutazione sarà affiancata da un giudizio sintetico nella Scuola di Base e da un voto nella scuola secondaria di secondo grado.

 Art. 19 Governo del Sistema Educativo di Istruzione Statale

  1. Al fine di realizzare nelle scuole del Sistema Educativo di Istruzione Statale di ogni ordine e grado le finalità istituzionali di cui agli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino degli Organi Collegiali centrale, periferici e d’istituto, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) affidare ad organismi rappresentativi, nel rispetto dell’autonomia professionale e della libertà di insegnamento, il governo del Sistema Educativo di Istruzione Statale,sia a livello di istituto sia a livello territoriale e nazionale;

b)      prevedere l’istituzione in ciascuna istituzione scolastica del Consiglio dei Genitori, del Collegio del Personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e, limitatamente alle Scuole Secondarie di Secondo Grado, del Consiglio degli Studenti, quali organi di partecipazione democratica con potere di proposta nei confronti del Consiglio d’Istituto;

c)       confermare composizione, funzioni, e modalità di funzionamento del Consiglio d’Istituto secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;

d)      stabilire le modalità e i tempi secondo i quali il Consiglio d’Istituto è tenuto a pronunciarsi sulle proposte formulate dal Collegio dei docenti e dalle assemblee del personale ATA, dei genitori e degli studenti;

e)      definire le modalità per lo svolgimento della funzione amministrativa, escludendo comunque che il Consiglio d’Istituto possa deliberare contributi o oneri di qualsiasi natura a carico degli studenti e dei loro genitori, fatti salvi i casi previsti dalla legge;

f)        confermare composizione, funzioni, e odalità di funzionamento del Collegio dei docenti secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;

g)      confermare composizione, funzioni, e modalità di funzionamento dei Consigli di classe, d’intersezione e di interclasse secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;

h)      ridefinire le competenze del Dirigente scolastico, armonizzandole con quelle degli organi collegiali sopramenzionati, che devono comunque restare preminenti;

i)        istituire i Consigli scolastici locali così come disciplinati dall’articolo 5 del Decreto legislativo 24 giugno 1999, n. 233, prevedendo che ad essi venga attribuita anche la competenza di organo stragiudiziale per la soluzione di controversie riguardanti impugnative di deliberazioni degli organi collegiali a livello d’istituto;

j)        prevedere l’istituzione dei Consigli scolastici regionali quali organi di partecipazione democratica del corrispondente ambito territoriale;

k)      attribuire a detti consigli, oltre alle competenze previste dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 24 giugno 1999, n. 233, competenze specifiche, da esercitarsi attraverso l’emanazione di pareri, obbligatori o vincolanti a seconda dei casi, in materia di programmazione regionale dell’offerta formativa, di contenzioso disciplinare riguardante il personale docente delle scuole statali di ogni ordine e grado per sanzioni superiori alla censura, di annullamento per illegittimità delle delibere degli Organi collegiali d’istituto;

l)        definire la composizione dei Consigli scolastici regionali, prevedendo che siano presenti in misura paritaria i presidenti dei Consigli scolastici locali e i rappresentanti del personale della scuola , nonché una limitata rappresentanza delle Università della Regione;

m)    definire le modalità di elezione della componente elettiva,i requisiti culturali e professionali dei componenti designati e i casi di incompatibilità;

n)      Istituire il Consiglio Nazionale dell’Istruzione quale organo di garanzia dell’autonomia del Sistema educativo di istruzione statale e della libertà di insegnamento di cui all’art. 33 della Costituzione;

o)      prevedere che il Consiglio Nazionale sia costituito da non più di venti membri di cui la metà eletti tra il personale della scuola statale, il venticinque per cento designato dal Consiglio nazionale dell’Università e il restante venticinque per cento designato dalla Conferenza Stato-Regioni

p)      definire le modalità di elezione della componente elettiva,i requisiti culturali e professionali delle componenti designate e i casi di incompatibilità;

q)       prevedere che le attribuzioni conferite al Ministro dagli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 del DPR n. 275/99, nonché le competenze per le nomine delle Commissioni di esami per i concorsi e di studio siano esercitate previo parere conforme del Consiglio Nazionale;

r)       confermare in capo al Consiglio nazionale dell’Istruzione le attribuzioni previste dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, alle quali aggiungere l’espressione di parere obbligatorio in materia di determinazione degli organici del personale docente ed ATA delle istituzioni scolastiche, di destinazione dellerisorse finanziarie alle istituzioni scolastiche, nonché su ogni altro atto del MIUR o di altri dicasteri concernente il sistema scolastico e le relative risorsefinanziarie;

  1. I decreti legislativi di cui al comma precedente sono adottati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,e successive modificazioni. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere adottati.

Art. 20 Partecipazione.

  1. Lo Stato promuove e garantisce a tutti i soggetti coinvolti la partecipazione alla gestione dei Nidi d’Infanzia e della Scuola di ogni ordine.

  2. La progettazione partecipata troverà nelle scuole, a partire da quelle dell’infanzia, occasioni diffuse e differenziate per formare, sin da bambini, l’abitudine ad essere coinvolti in prima persona nella costruzione del proprio presente, del proprio futuro e del proprio percorso formativo in una dimensione sia individuale sia di gruppo (educazione alla cittadinanza).

  3. La partecipazione dei genitori, per la sfera di loro competenza, viene considerata uno degli aspetti fondamentali per la finalizzazione degli interventi educativi delle Istituzioni Scolastiche, che hanno il dovere di valorizzarne il ruolo con azioni concrete rispondenti alle

  4. Oltre a quanto previsto all’articolo 19, comma 1, lettera b), in ogni classe della scuola Secondaria di secondo grado viene istituito un consiglio di classe allargato, formato da tutti i docenti e da tutti gli studenti, che si convochi mensilmente e discuta del progetto educativo della classe e dell’ampliamento del progetto formativo.

  1. Ogni scuola mette a disposizione gli spazi per gli incontri ed ogni altro strumento finalizzato a favorire la più ampia partecipazione.

Art. 21. Informazione e trasparenza.

  1. Le scuole garantiscono la più ampia informazione sulle proprie attività. Tutti gli atti sono pubblici, ad eccezione delle parti contenenti dati che ledono il diritto alla riservatezza dell’individuo. Tutti i genitori, gli/le insegnanti, il personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo, gli studenti e le studentesse possono prenderne visione.

  2. Ogni scuola è tenuta a dotarsi di un proprio sito Internet, costantemente aggiornato in merito all’attività didattica, ai progetti di integrazione tra scuola e territorio, alle attività ed alle decisioni degli Organi Collegiali, agli atti amministrativi e ad ogni altro aspetto dell’attività istituzionale. Stato ed Enti locali assicurano la gratuità della connessione in rete e adeguati finanziamenti annuali ai progetti di comunicazione basati sull’utilizzo delle tecnologie digitali.

Art. 22. Edilizia scolastica.

  1. Lo Stato determina e garantisce i livelli qualitativi e quantitativi essenziali per gli Istituti Scolastici, in merito ai parametri fisico-ambientali delle strutture.

  2. Entro 12 mesi dall’approvazione della presente Legge, il Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con gli Enti Locali preposti, è impegnato a varare un piano per l’edilizia scolastica che provveda alla costruzione di nuove strutture ed all’adeguamento di quelle esistenti, secondo criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza e qualità estetica.

  3. Le strutture dovranno essere adeguatamente dotate di laboratori, palestre e di tutti gli spazi di uso specifico necessari alle attività didattiche previste.

  4. Gli edifici scolastici dovranno essere costruiti o adeguati secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica.

  5. La progettazione di nuovi edifici scolastici o di interventi migliorativi o di ristrutturazione di quelli esistenti deve essere realizzata con il metodo della progettazione partecipata di insegnanti, genitori, alunni/e, personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo.

Titolo II – nido d’infanzia

 

Art. 23 Il Nido d’infanzia

  1. Il Nido d’Infanzia è un servizio educativo e sociale di interesse pubblico garantito dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni, rivolto alla collettività, che non rientra tra i servizi pubblici a domanda individuale. I Comuni, singolarmente o in associazione fra loro, sono tenuti a erogare il servizio secondo i bisogni espressi dal territorio.

  2. Il Nido d’Infanzia accoglie tutti i bambini e le bambine di età compresa fra 3 mesi e 3 anni che vivono nel territorio nazionale.

  3. Lo Stato tutela e garantisce l’inserimento dei bambini/e portatori di svantaggio psico-fisico e sociale.

  4. Il Ministero della Pubblica Istruzione definisce i livelli essenziali che gli Enti Locali devono assicurare e si fa garante del progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle educatrici e degli educatori. Sostiene ed autorizza progetti sperimentali di continuità tra il Nido d’Infanzia e la Scuola dell’Infanzia, ne verifica puntualmente la validità e ne promuove la diffusione.

  5. Le Regioni, con proprie leggi, fissano i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo dei Nidi d’Infanzia e dei loro standard qualitativi e organizzativi. È assicurata l’assistenza sanitaria e psicologica in modo continuativo.

  6. La dotazione organica degli educatori/educatrici è definita con i seguenti parametri:

   almeno 1 educatore/trice ogni 5 lattanti iscritti;

   almeno 1 educatore/trice ogni 6 piccoli iscritti;

   almeno 1 educatore/trice ogni 8 grandi iscritti.

  1. Ai Comuni competono l’apertura, la gestione dei Nidi d’Infanzia ed il controllo di quelli non comunali, nel rispetto degli standard fissati.

  2. La spesa per la gestione dei Nidi d’Infanzia è ripartita tra il Ministero della Pubblica Istruzione ed i Comuni, con il contributo della famiglia. Dalle spese di gestione vanno escluse le spese per il terreno, l’edificio ed i relativi mutui. Laddove la famiglia non sia in grado di pagare in parte o totalmente la retta, interviene il fondo sociale, erogato ai Comuni, attingendo ai fondi regionali vincolati per tale finalità.

  3. Entro 12 mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati, per il tramite delle Regioni.

Titolo III – SCUOLA DI BASE

 

Art. 24. Scuola dell’Infanzia

  1. La Scuola dell’Infanzia Statale e quella Comunale costituiscono il livello di Istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni presenti sul territorio nazionale.

  2. L’iscrizione al primo ed al secondo anno della Scuola dell’Infanzia è possibile per chi compie rispettivamente i 3 o i 4 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento. L’iscrizione e lafrequenza devono essere sostenute e incentivate dalle competenti autorità scolastiche e dalle Istituzioni territoriali.

  3. L’ultimo anno è obbligatorio per tutti i bambini/e che abbiano compiuto i 5 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento. I Comuni devono adeguare gli elenchi degli obbligati tenendo conto delle prescrizioni del presente articolo.

4. È garantito un orario settimanale curriculare di 40 ore su cinque giorni, fino ad arrivare ad un massimo di 50 per esigenze familiari certificate. È prevista una flessibilità di orario di frequenza concordato con i genitori, per i momenti di inserimento iniziale o per particolari bisogni del bambino/a.

5. Ad ogni classe sono assegnati/e due insegnanti contitolari e corresponsabili, che garantiscono almeno 10 ore di compresenza settimanale utilizzabile in modo flessibile.

6. Al fine di garantire una gestione collegiale della scuola dell’infanzia, in tutte le sue articolazioni, si prevedono un orario di servizio di 24 ore frontali ed un’ora di programmazione settimanali. Le ore di programmazione possono essere usate in modo flessibile, secondo le esigenze, con moduli di un’ora alla settimana o di due quindicinali.

 

Art. 25. Scuola Primaria

  1. La Scuola Primaria accoglie tutti i bambini e tutte le bambine presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i 6 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.

  2. Ogni scuola propone ai genitori la scelta tra l’organizzazione modulare a 30 ore ed il tempo pieno a 40 ore di orario curriculare. All’atto dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta. Entrambi i modelli proposti dalle scuole costituiscono progetti didattici unitari. Essi comprendono il tempo dedicato alla mensa ed al gioco, durante il quale è assicurata la partecipazione del personale docente titolare della classe.

  3. Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai genitori, ove il numero degli alunni/e interessati non sia inferiore a 15. In situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni/e ed in situazioni territoriali peculiari (scuole di montagna, isole, frazioni isolate, aree a forte flusso immigratorio o a rischio) vengono istituiti plessi e formate classi anche di numero inferiore, in deroga a quanto sopra indicato.

  4. Sono assegnate/i almeno tre docenti ogni due classi a modulo e almeno due docenti ad ogni classe a tempo pieno, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica e, ove possibile, le diverse competenze disciplinari e le preferenze sul modello didattico esplicitate dalle/dai docenti coinvolte/i.

  5. Nell’ambito della classe, i/le docenti operano collegialmente e sono contitolari del percorso formativo, con pari dignità e responsabilità educativo-didattica.

  6. Variazioni sull’attribuzione e/o organizzazione degli ambiti didattici possono essere effettuate all’interno del gruppo dei/delle docenti contitolari che ne concordino la modifica.

  7. Per favorire l’arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio, sono garantite ai bambini/e almeno tre ore settimanali di compresenza per ogni classe a modulo e almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno. L’eventuale presenza nella classe di docenti specialisti permette di aumentare il monte ore a disposizione per la compresenza, da utilizzare su progetti didattici approvati dal Collegio Docenti.

  8. Il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio. I/Le docenti di classe possono proporre solo in casi eccezionali al Consiglio di Interclasse, con la sola componente docenti, la non-ammissione dell’alunno/a alla classe successiva con le modalità descritte ai commi 3 e 4 dell’articolo 7, Titolo I.

9. I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata, utilizzando personale qualificato.

Art. 26. Scuola Secondaria di primo grado

  1. La Scuola Secondaria di primo grado accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti sul territorio nazionale che abbiano superato l’esame conclusivo dell’ultimo anno della Scuola Primaria. I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel paese di provenienza, sono ammessi se hanno compiuto 11 anni e non hanno superato i 15 entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con la normativa vigente.

  2. Ogni scuola offre la scelta tra un modello a tempo normale di 30 ore ed un modello a tempo prolungato di 36 ore di orario curriculare, cui va aggiunto il tempo mensa, fatte salve le sperimentazioni di 40 ore. All’atto dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta.

  3. Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai genitori, ove il numero degli alunni/e interessati non sia inferiore a 15, fatte salve eventuali deroghe legate a situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni/e ed a situazioni territoriali peculiari (scuole di montagna, isole, frazioni isolate, aree a forte processo immigratorio o a rischio), nelle quali vengono istituiti plessi e formate classi anche di numero inferiore.

  4. Il modello didattico a tempo prolungato si basa sull’istituzione di cattedre orario comprensive delle ore d’insegnamento e del tempo mensa.

  5. Il tempo mensa svolge una funzione formativa e concorre alla determinazione dell’organico d’Istituto.

  6. Sono previste ore di compresenza per attività interdisciplinari, di laboratorio, curricolari.

  7. Il Consiglio di Classe, con la sola componente docente, in sede di valutazione finale annuale delibera l’ammissione alla classe successiva per gli alunni/e delle classi prima e seconda. Nel caso di non ammissione, si applica quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’articolo 7, Titolo I.

  8. Al termine del terzo anno l’alunno/a sostiene l’Esame di Stato per l’accesso alla Scuola Secondaria di secondo grado.

  9. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca riconosce e sostiene sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di unificazione tra Scuola Primaria e Secondaria di primo grado, finalizzati all’individuazione di un modello organizzativo e didattico che permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due livelli di Scuola. L’organizzazione delle attività didattiche sarà attenta ai bisogni degli alunni e delle alunne, dando ampio spazio alla didattica laboratoriale, all’interdisciplinarietà, alla cooperazione.

TITOLO IV – SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

 

Art. 27. Riferimenti generali

  1. La Scuola Secondaria di secondo grado accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti sul territorio nazionale che abbiano superato l’Esame di Stato alla fine della Scuola Media ed è articolata in un biennio unitario ed un triennio di indirizzo.

  2. I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel paese di provenienza, sono ammessi d’ufficio se hanno compiuto 14 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con le norme vigenti.

3. Allo scopo di rendere realmente possibile l’assolvimento dell’obbligo scolastico, negli istituti Secondari di secondo grado situati in aree caratterizzate da forte pendolarismo studentesco, vengono predisposti tutti i servizi indispensabili per rendere agevole la frequenza scolastica e la permanenza a scuola anche al di fuori dell’orario di lezione. Lo Stato si impegna a trasferire agli Enti Locali preposti i finanziamenti necessari all’erogazione degli specifici servizi richiesti dalle singole scuole; detti finanziamenti non sono vincolati al Patto di Stabilità.

  1. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca promuove e sostiene con appositi progetti sia l’ampliamento dell’orario didattico con approccio laboratoriale, sia il pieno utilizzo degli edifici scolastici, anche con l’attivazione di mense scolastiche e spazi aggiuntivi per lo studio individuale, la ricerca, l’attività artistica, culturale e sportiva, attraverso appositi finanziamenti.

Art. 28. Il biennio unitario

  1. Il biennio unitario è costituito da un curricolo di base di 26 ore curricolari e da uno di orientamento di 6 ore curricolari.

  2. Il curricolo di base è uguale in tutti gli Istituti di Scuola Secondaria di secondo grado ed è caratterizzato da una forte impostazione laboratoriale; in esso affluiscono le seguenti discipline: Lingua e Letteratura Italiana, Matematica con elementi di Informatica, Lingue Straniere, Scienze (Naturali, Biologiche, Chimiche, Fisiche), Storia, Geografia, Diritto ed Economia, Scienze Motorie, Educazione Artistica, Educazione Musicale.

  3. Il curricolo di orientamento propone agli studenti e alle studentesse un primo approccio agli indirizzi presenti nel triennio dell’istituto prescelto.

  4. I singoli istituti possono offrire moduli orari supplementari a base laboratoriale, tempi di studio assistito, progetti didattici, senza che il carico orario superi le 40 ore settimanali. L’organico di Istituto è aumentato di conseguenza.

  5. Nel biennio il passaggio fra diversi istituti è libero. La scuola di accoglienza attiva moduli di integrazione gratuiti per il recupero delle materie di orientamento.

Art. 29. Il triennio di indirizzo

  1. Il triennio della Scuola Secondaria di secondo grado si articola in 5 macro-aree: Umanistica, Scientifica, Tecnico-Professionale, Artistica, Musicale.

  2. Ciascuna area è ripartita in indirizzi, ciascuno con un proprio numero di ore curricolari settimanale, fino ad un massimo di 32.

  3. Il passaggio tra indirizzi ed aree diverse è possibile secondo modalità stabilite da un apposito regolamento.

Art. 30. Sperimentazioni

  1. La costituzione di nuovi indirizzi deve essere approvata dal Ministero della Pubblica Istruzione, a seguito della sperimentazione attuata in un congruo numero di istituti per almeno un triennio.

  2. La sperimentazione può essere proposta dagli stessi istituti, dalle Regioni, dal Ministero.

Art. 31. Esame di Stato

  1. Al termine della Scuola Secondaria di secondo grado gli studenti e le studentesse sostengono l’esame di Stato.

  2.     Ogni commissione esaminatrice, nominata dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è presieduta da un/a docente di Scuola Statale e composta per il 50% da docenti di altro istituto statale.

  3. Superato l’esame, gli studenti e le studentesse conseguono un diploma che assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo frequentati.

  4. Il diploma ha valore legale, dà accesso a tutti i livelli successivi di Istruzione e Formazione ed al mondo del lavoro.

Art. 32. Percorsi Studio-Lavoro

  1. Nel corso del triennio di indirizzo, al fine di raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 5 comma 3 e di agevolare le scelte professionali future degli/lle studenti/esse, mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, le Scuole Secondarie di secondo grado di tutte le macro-aree organizzano percorsi studio-lavoro con finalità formative e di orientamento.

  2. I percorsi studio-lavoro possono prevedere sia l’intervento di esperti in aula, sia l’inserimento del singolo allievo/a nella realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata compresa tra le due e le tre settimane, anche non continuative, e si effettuano nel corso dell’anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del territorio di riferimento (aziende, cooperative, laboratori di ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio, ecc.). Sono esclusi dalle convenzioni i Centri e gli enti di Formazione Professionale e le Agenzie Regionali per l’Impiego.

  3. Gli interventi di esperti vengono progettati appositamente per la classe su argomenti e tematiche specifiche correlate con l’indirizzo di riferimento; si svolgono in orario curricolare e in compresenza con i/le docenti.

  4. Gli inserimenti dei singoli allievi/e nelle realtà di lavoro vengono progettati in modo che siano funzionali al percorso di apprendimento complessivo. I soggetti promotori hanno l’obbligo di garantire la presenza di un responsabile didattico-organizzativo delle attività, che a conclusione dei percorsi dovrà documentare quanto svolto dallo/la studente in una relazione scritta.

  5. La Scuola è tenuta a verificare con lo/a studente la veridicità di quanto dichiarato dal tutore e la validità dell’esperienza, richiedendogli/le di descrivere in forma scritta le attività svolte e di esprimere un giudizio nel merito, anche attraverso la formulazione di questionari elaborati dall’Istituto.

  6. L’organizzazione dei percorsi studio-lavoro è obbligatoria per tutte le scuole, nel rispetto di tutte le condizioni descritte in questo articolo, ma la frequenza, per quanto concerne l’inserimento nella realtà di lavoro o di ricerca convenzionata, è a discrezione dello/a studente.

 

TITOLO V – ABROGAZIONI

 

Art. 33. Abrogazioni

1. Sono o restano abrogati:

a) la legge 28 marzo 2003, n. 53;

b) il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59;

c) il decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286;

d) il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76;

e) il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77;

f) il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

g) l’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144;

h) l’articolo 3 della legge 17 ottobre 1967, n. 977;

k) il primo periodo dell’articolo 1, comma 1, della Legge 10 marzo 2000, n. 62;

i) il regolamento di cui al decreto Presidente della Repubblica 12 luglio 2000, n. 257;

l) l’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

m) i commi 4 e 7 dell’articolo 22 e l’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

n) l’articolo 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

o) il comma 3 dell’articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449;

p) il comma 1 dell’articolo 37 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell’11 novembre 1998;

q) i commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

r) l’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

s) l’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

t) l’articolo 2 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, della legge 30 ottobre 2008, n. 169;

u) l’articolo 7 del regolamento di cui al decreto Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122;

v) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81;

z) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 119;

aa) il regolamento di cui al decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 10 settembre 2010 n. 249;

bb) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89;

cc) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87;

dd) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88;

ee) il regolamento di cui al decreto Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89;

ff) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263;

gg) l’articolo 50, comma 1, del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35;

hh) il decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16 gennaio 2009, n. 5;

ii) il comma 5, dell’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;

ll) il comma 7, dell’articolo 19 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n° 111;

mm) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80;

nn) la legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti;

oo) ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

26 comments found

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    Redazione

    Questo è lo spazio per i commenti citato nell’introduzione al testo di legge: è destinato a raccogliere gli “emendamenti” al testo di legge, in modo da arrivare al prossimo incontro avendo tutti chiaro il materiale prodotto e i termini della discussione e del confronto.
    Attenzione, sulla base dell’architettura del blog, i commenti sono monitorati e autorizzati dalla redazione, che avrà cura di verificare il più frequentemente possibile la presenza di nuovi interventi.
    Chiediamo di usare questa modalità perché è quella che rende il dibattito più partecipato e democratico possibile, considerato che è anche possibile rispondere ai singoli commenti.

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    Marco Guastavigna

    Proposta di emendamento, Art. 28, tra il comma 2 e il comma 3 aggiungere un nuovo comma 3, di cui propongo bozza da migliorare e completare: “L’insegnamento di Diritto ed Economia e quello di Storia tratteranno in modo coordinato i principi e i valori della Costituzione della Repubblica, con particolare riferimento alle sue origini storiche, alla partecipazione democratica, al pluralismo, ai diritti e ai doveri dei cittadini in campo civile, etico-sociale, economico e politico, alla dignità del lavoro, alla solidarietà, all’ordinamento della Repubblica italiana, anche in rapporto alle Carte dei diritti e alle istituzioni internazionali.“,
    Questo alla scopo di affermare in modo esplicito l’importanza di una pedagogia costituzionale che sia propedeutica alla cittadinanza attiva.

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    vito

    All’articolo 11 aggiungere il seguente comma 6:

    “6. L’organico del personale Ausiliario ,tecnico ed amministrativo deve essere definito tenendo conto delle maggiori incombenze a carico delle singole istituzioni scolastiche derivanti dall’applicazione dell’articolo 14 del DPR 8 marzo 1999, n. 275.”

    Attualmente sulle segreterie gravano molti compiti ed il personale, già insufficiente, nel corso degli anni si è ridotto al lumicino.

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    Marina Boscaino

    Stiamo lavorando sul tema dell’autonomia scolastica e della dirigenza. Non appena il testo avrà una consistenza significativa, lo pubblicheremo come emendamento.

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    Lorenzo

    la mia proposta è di cassare l’intero comma 2 dell’art 2: non trovo auspicabile né tantomeno necessario prevedere per via legislativa le modalità didattiche che il docente dovrebbe adottare. La libertà di insegnamento dev’essere innanzitutto libertà pedagogica. Siamo ormani ingabbiati dalle prescrizioni della “lobby delle competenze”, che ormai domina i gangli del miur e che ha permeato una legislazione ventennale (con quali risultati didattici storici disastrosi lo vediamo); non trovo necessario assecondare un andazzo che impone ai docenti presunte modernizzazioni didattiche che si possono condividere o meno, ma fatto sta che va lasciata al docente, a mio parere, la facoltà di adottare anche la sola lezione frontale, se egli la sa utilizzare in modo efficace e con risultati di apprendimento tangibili nelle sue classi.
    Personalmente sono reduce dal concorso Renzi-Giannini in Emilia, e ho vinto la cattedra in A043-A050 dopo
    1) abilitazione TFA nel 2013 (non valida, vergognosamente, per il ruolo, nonostante fosse iperselettiva e a pagamento per il corso abilitante, più tirocinio e tesi finale)
    2) scritto del concorso a maggio 2016 (uno scritto allucinante per modi e tempi di organizzazione e svolgimento delle prove)
    3) orale concorso in autunno 2016. Alla commissione, i cui lavori di esame dei candidati termineranno ad aprile 2017 (in altre regioni si sono falcidiati i candidati lascindo i posti vacanti, pur di finire il concorso a settembre 2016, su pressione del governo).

    Ebbene vi dico che al sistema, e si è visto anche alle prove orali del conorso, non stanno a cuore i contenuti e il modo in cui il docente li vive e li presenta, ma sta a cuore solo che i nuovi docenti compilino liste di competenze e snocciolino griglie di valutazione. Si vuole una classe docente di automi, di esecutori di una didattica monotona, impersonale, che con la scusa dell’inclusione e dell’individualizzazione persegue in realtà l’appiattimento, l’omologazione della cultura, nonché uno pseudoefficientismo di fuffa tecnologico-aziendalistica, condita di teorie pedagogiche imposte come dogmi.

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    Giovanni Cocchi

    Al comma 9 dell’art.26, laddove recita: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca riconosce e sostiene sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di unificazione tra scuola elementare e media, finalizzati all’individuazione di un modello organizzativo e didattico che permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due livelli di scuola” propongo di aggiungere un “PROMUOVE”, cosicchè diventi: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca promuove, riconosce e sostiene….” affinchè tali sperimentazioni non siano lasciate alla sola “buona volontà” di pochi Istituti, ma siano sollecitate e sostenute dal Ministero stesso.

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    Giovanni Cocchi

    Al comma 9 dell’art.26, laddove recita: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca riconosce e sostiene sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di unificazione tra scuola elementare e media, finalizzati all’individuazione di un modello organizzativo e didattico che permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due livelli di scuola” propongo di aggiungere un “PROMUOVE”, cosicchè diventi: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca promuove, riconosce e sostiene….” affinchè tali sperimentazioni non siano lasciate alla sola “buona volontà” di pochi Istituti, ma siano sollecitate e sostenute dal Ministero stesso.

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    Matteo Viviano

    Emendamento – sostituzione dell’articolo 4

    La seguente proposta è la versione aggiornata di un documento del Direttivo Nazionale del Coordinamento Genitori Democratici, deliberato nella riunione di Grottammare (AP), nel 1987.

    1. Garantire a tutti i bimbi il diritto di accesso all’Asilo Nido, con la cancellazione dello stesso dai servizi a domanda individuale;
    2. Abrogazione delle pessime riforme della Moratti e della Gelmini;
    3. Innalzamento dell’obbligo scolastico ai 18 anni, da articolarsi nel seguente percorso:
    3-6 anni: Estensione dell’obbligo scolastico alla SCUOLA DELL’INFANZIA, il cui ultimo anno non deve essere considerato come una sorta di “primina”, ma deve funzionare secondo gli orientamenti propri di questo ordine di scuola;
    6-13 anni: SCUOLA PRIMARIA, Unitaria di Base (di 7 anni), a Tempo Pieno e con l’attuazione di adeguate attività di recupero e di integrazione. L’insegnamento di Attività Motorie deve essere affidato a Docenti laureati ed abilitati in Educazione Fisica. La 2^ Lingua Comunitaria deve essere insegnata da Docenti laureati ed abilitati in Lingua Straniera. L’insegnamento di Educazione Musicale deve essere affiancato dallo studio di uno strumento.
    13-18anni: SCUOLA SECONDARIA, articolata in:
    13-15 anni :Biennio Unitario, Formativo ed Orientativo, nel quale tutti gli alunni studieranno le discipline fondamentali e saranno, inoltre, suddivisi in gruppi, per seguire corsi di discipline opzionali, orientative e di indirizzo, e/o per svolgere attività preprofessionalizzanti;
    15-18 anni: Triennio di Scuola Secondaria Superiore (Liceo – Istituto Tecnico – Istituto Professionale), con l’introduzione della 3^ Lingua Comunitaria e di attività didattiche di orientamento professionale (*) ed universitario.
    Nelle scuole di ogni ordine e grado, agli alunni diversamente abili (inseriti in classi non superiori alle 20 unità) deve essere garantito un adeguato numero di ore di sostegno, svolte da docenti specializzati.
    (*) Alla Formazione Professionale si accede dopo l’obbligo scolastico a 18 anni.
    Genova Co.Ge.De.

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    GIovanni Cocchi

    Proporrei di valutare se cambiare o meno il nome alla legge in: “Legge di iniziativa popolare per la scuola della Costituzione”.
    Pro: evitiamo quel “Buona” reso insopportabile dalla copiatura di Renzi, inseriamo la parola Costituzione (che dopo il referendum ci sta a fagiuolo…), anche perché la scuola che proponiamo é quella descritta dalla Costituzione e rende maggiormente l’idea di una legge “rinnovata”.
    Contro: ci perdiamo la “tradizione”… ma resterebbe comunque, per tutti, affettuosamente, “la Lip”.

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    Donata Albiero

    Mi complimento per la stesura che raccoglie il meglio di decenni di scuola innovativa
    Concordo con le motivazione addotte da Giovanni Cocchi per usare il termine “Legge di iniziativa popolare per la scuola della Costituzione “
    Riprendo il discorso di Matteo Viviano. Sono perplessa sulla durata del percorso scolastico che io auspico essere fino ai 18 anni ( non 19) , soprattutto per la a proposta della LIP che chiede l’obbligo della frequenza a 5 anni ( un anno funzionante giustamente secondo gli orientamenti della scuola d’infanzia, non come primina )
    Ridefinire i cicli di studio è una sfida inevitabile ( stanno incominciando le sperimentazioni delle scuole superiori a 4 anni). Si accorpino primarie e medie (7 anni) o si taglino le superiori ma bisogna avere il coraggio di farlo perché la scuola è un servizio per gli alunni

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    Marina Boscaino, Giovanni Cocchi, Vito Meloni, Carlo Salmaso

    Art. 18 bis. Dirigenza scolastica
    All’articolo 25 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modifiche:
    I commi 2, 3, e 5 sono sostituiti dai seguenti:

    “2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, e, in particolare, della funzione del collegio dei docenti, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica sulla base delle delibere degli organi collegiali ciascuno secondo le sue competenze e delle indicazioni da parte delle articolazioni del collegio dei docenti in campo didattico pedagogico ed è titolare delle relazioni sindacali.
    3. Nell’esercizio delle competenze di cui al comma 2 il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la eventuale collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio, per l’esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologico-didattica finalizzate all’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli alunni, nel rispetto delle prerogative del collegio dei docenti.
    5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti scelti dal collegio dei docenti ai quali possono essere delegati specifici compiti. Il dirigente scolastico è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale.”
    Dopo il comma 5, e inserito il seguente comma
    “5bis. Il dirigente è affiancato dal coordinatore della progettazione didattica d’istituto, quale garante della libertà d’insegnamento e dell’attuazione del Piano dell’offerta formativa.Il coordinatore della progettazione didattica d’istituto viene eletto dal Collegio dei docenti tra i propri componenti. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile una sola volta.Sono eleggibili coloro che hanno un’anzianità di ruolo pari ad almeno cinque anni di cui almeno tre nella scuola in cui prestano servizio.Al coordinatore della progettazione didattica d’istituto spetta la presidenza del Collegio dei docenti, la gestione e l’armonizzazione del lavoro dei coordinatori di classe ed interclasse, di dipartimento e di indirizzo, annualmente individuati dal Collegio dei docenti, la valorizzazione delle scelte operate dagli organi collegiali della scuola in ambito didattico.”

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    Marina Boscaino, Giovanni Cocchi, Vito Meloni, Carlo Salmaso

    Art. 18 ter. Autonomia
    1. Gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono così modificati:
    “Art. 1
    (Autonomia del sistema scolastico)
    1. L’autonomia del Sistema Educativo di Istruzione statale di cui all’articolo 4, comma 1, della presente legge si concretiiza nell’indipendenza da ogni forma di condizionamento dagli apparati politici ed esecutivi nelle forme e nei limiti indicati dalla legge.
    2. In tale ambito, l’autonomia delle istituzioni scolastiche, nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, si realizza attraverso la partecipazione democratica di tutti i soggetti che operano nella scuola. Sono garantite la libertà di insegnamento, il pluralismo culturale, l’indipendenza da ogni forma di condizionamento esterno e la partecipazione attiva sia nel governo della scuola sia nell’ambito del sistema nazionale.
    3. L’autonomia delle istituzioni scolastiche si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire il diritto allo studio e il conseguimento dei più alti livelli d’istruzione, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione.
    Art. 3
    (Piano didattico dell’istituzione scolastica)
    1. Il collegio docenti di ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione degli altri organi collegiali e coerentemente con le risorse disponibili preventivamente individuate, il Piano didattico. Il Piano è il documento fondamentale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.
    2. Il Piano didattico non può derogare agli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell’articolo 8 e tiene conto delle esigenze del contesto culturale e sociale della realtà locale. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.
    3. Il Piano didatticoè elaborato dal collegio dei docenti sulla base della collegiale preventiva definizione degli indirizzi generali per le attività della scuola e, per le scuole secondarie superiori, delle proposte formulate dagli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto, che ne verifica la compatibilità e coerenza con il contesto socio-culturale e con le risorse disponibili.
    4. Abrogato
    5. Il Piano didattico è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.
    Art. 4
    (Autonomia didattica)
    1. Il collegio dei docenti è l’organo in cui l’autonomia didattica trova progetto, finalità, realizzazione. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto delle delibere del collegio dei docenti che configurano il principio della libertà di insegnamento e che non possono prescindere dalle finalità generali del sistema, a norma dell’articolo 8, concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla espressione della stessa libertà di insegnamento, della realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo, finalità principale della scuola.
    2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune.
    3. Identico
    4. Nell’esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di interventi integrati a norma dell’articolo 139, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Il collegio dei docenti individua inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale, i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati e delibera l’eventuale partecipazione a valutazioni nazionali su base campionaria.
    5. La scelta, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano didattico di cui all’articolo 3 e sono attuate con criteri di trasparenza e tempestività. Esse possono prevedere l’introduzione e l’utilizzazione di tecnologie innovative.
    6. Gli Organi Collegiali delle istituzioni scolastiche individuano i criteri per il riconoscimento e la valutazione delle attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento delle attività didattica e formativa.
    7. Identico
    Art. 5
    (Autonomia organizzativa)
    1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale, coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, nel rispetto della dignità di tutte le figure professionali presenti nell’istituzione scolastica, della specificità dei profili professionali e dei titoli posseduti e curando il miglioramento della qualità della didattica e la salvaguardia del diritto degli studenti all’apprendimento.
    2. Identico
    3. Identico
    4. Abrogato
    Art. 6
    (Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo)
    1. Le istituzioni scolastiche esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l’altro:
    la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
    la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
    l’innovazione metodologica e disciplinare;
    la ricerca didattica sul processo di insegnamento-apprendimento;
    la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
    gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
    l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico.
    2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall’articolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni con le modalità di cui all’articolo 11.
    3. Abrogato
    Art. 7
    (Collaborazioni tra scuole)
    1. Anche ai fini di cui al precedente articolo, le istituzioni scolastiche sviluppano e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni attivando collegamenti reciproci che possono estendersi a università e ad altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca.
    2. Abrogato
    3. Abrogato
    4. Abrogato
    5. Abrogato
    6. Nell’ambito di tale collaborazione, possono essere istituiti laboratori finalizzati tra l’altro a:
    1. la ricerca didattica e la sperimentazione;
    2. la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale per la più ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche, esperienze, documenti e informazioni;
    3. la formazione in servizio del personale scolastico;
    4. l’orientamento scolastico e professionale.
    7. Abrogato
    8. Abrogato
    9. Abrogato
    10. Abrogato
    Art. 8
    (Definizione dei curricoli)
    1. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 19, comma 1, letter q) della presente legge, il Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dell’articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sentito il Consiglio superiore della pubblica istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio:
    1. gli obiettivi generali del processo formativo;
    2. gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
    3. le discipline e le attività costituenti i curricoli e il relativo monte ore annuale;
    4. l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli;
    5. gli standard relativi alla qualità del servizio;
    6. gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni;
    7. i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali.
    2. Abrogato
    3. Abrogato
    4. Abrogato
    5. Abrogato
    6. Abrogato
    Art. 9
    (Ampliamento delle attvità didattiche e fomative)
    1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o in collaborazione tra loro, realizzano ampliamenti delle attività formative che tengano conto delle esigenze del contesto culturale e sociale delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti.
    2. I curricoli determinati a norma dell’articolo 8 possono essere arricchiti con discipline e attività facoltative programmate dalle istituzioni scolastiche.
    3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti.
    4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per l’ammissione ai corsi e per la valutazione finale può essere richiesta la valutazione di esperienze, maturate nel mondo del lavoro o di autoformazione, debitamente documentate.
    5. Nell’ambito delle attività in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.
    Art. 10
    (Verifiche e modelli di certificazione)
    Abrogato

    Art. 11
    (Iniziative finalizzate all’innovazione)
    1. Il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del Consiglio superiore della pubblica istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, i processi di continuità e orientamento. Riconosce altresì progetti di iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli studi quali disciplinati ai sensi dell’articolo 8. Sui progetti esprime il proprio parere il Consiglio superiore della pubblica istruzione.
    2. Identico
    3. Identico
    4. Identico
    5. Identico.

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    Marina Boscaino, Giovanni Cocchi, Vito Meloni, Carlo Salmaso

    Art. 18 quater. Dimensionamento scolastico

    All’articolo 19 del Decreto legge 6 luglio 2011, n. 98. convertito con modificazioni con Legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modifiche:

    Al comma 4, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente:

    “gli istituti comprensivi devono essere costituiti al massimo con 1.300 alunni”

    Al comma 5, la parola “600” è sostituito dalla seguente: “400” e la parola “400” è sostituita dalla seguente: “250”.

    Il comma 5.bis è abrogato.

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    Redazione

    Scarica la tabella di comparazione in formato PDF tra la versione originaria della LIP. quella attuale e gli emendamenti proposti.

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    dora vallario

    salve sono una maestra di scuola dell’infanzia che da anni segue i percorsi toruosi della lip. prima di tutto vorrei ringraziare tutti/e coloro che si sono impegnati e si impegnano per difendere la scuola pubblica e la sua funzione, anche attraverso la stesura di questa proposta di legge.
    faccio fatica a tradurre il mio suggerimento in un emendamento ma credo che sia opportuno inserire nella parte generale, tra le funzioni della scuola, anche quella relativa alla prevenzione alla violenza di genere. la cronaca racconta di episodi che si susseguono nell’assuefazione dell’opinione della pubblica: in questo vuoto la scuola deve inserirsi! la proposta sin dalla scuola dell’infanzia non di altisonanti progetti vagamente modaioli ma di corsi di formazione specifici per le/gli insegnanti, potrebbe contribuire a realizzare quella rivoluzione culturale di cui la scuola deve essere promotrice.

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    Redazione

    In considerazione della complessità del merito e dell’iter, diamo visibilità specifica all’articolo 19

    Art. 19 Governo del Sistema Educativo di Istruzione Statale
    1. Al fine di realizzare nelle scuole del Sistema Educativo di Istruzione Statale di ogni ordine e grado le finalità istituzionali di cui agli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino degli Organi Collegiali centrale, periferici e d’istituto, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
    a) affidare ad organismi rappresentativi, nel rispetto dell’autonomia professionale e della libertà di insegnamento, il governo del Sistema Educativo di Istruzione Statale,sia a livello di istituto sia a livello territoriale e nazionale;
    b) prevedere l’istituzione in ciascuna istituzione scolastica del Consiglio dei Genitori, del Collegio del Personale Ausiliario Tecnico Amministrativo e, limitatamente alle Scuole Secondarie di Secondo Grado, del Consiglio degli Studenti, quali organi di partecipazione democratica con potere di proposta nei confronti del Consiglio d’Istituto;
    c) confermare composizione, funzioni, e modalità di funzionamento del Consiglio d’Istituto secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;
    d) stabilire le modalità e i tempi secondo i quali il Consiglio d’Istituto è tenuto a pronunciarsi sulle proposte formulate dal Collegio dei docenti e dalle assemblee del personale ATA, dei genitori e degli studenti;
    e) definire le modalità per lo svolgimento della funzione amministrativa, escludendo comunque che il Consiglio d’Istituto possa deliberare contributi o oneri di qualsiasi natura a carico degli studenti e dei loro genitori, fatti salvi i casi previsti dalla legge;
    f) confermare composizione, funzioni, e modalità di funzionamento del Collegio dei docenti secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;
    g) confermare composizione, funzioni, e modalità di funzionamento dei Consigli di classe, d’intersezione e di interclasse secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e definire la natura vincolante ed immediatamente esecutiva degli atti deliberati negli ambiti di propria competenza;
    h) ridefinire le competenze del Dirigente scolastico, armonizzandole con quelle degli organi collegiali sopramenzionati, che devono comunque restare preminenti;
    i) istituire i Consigli scolastici locali così come disciplinati dall’articolo 5 del Decreto legislativo 24 giugno 1999, n. 233, prevedendo che ad essi venga attribuita anche la competenza di organo stragiudiziale per la soluzione di controversie riguardanti impugnative di deliberazioni degli organi collegiali a livello d’istituto;
    j) prevedere l’istituzione dei Consigli scolastici regionali quali organi di partecipazione democratica del corrispondente ambito territoriale;
    k) attribuire a detti consigli, oltre alle competenze previste dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 24 giugno 1999, n. 233, competenze specifiche, da esercitarsi attraverso l’emanazione di pareri, obbligatori o vincolanti a seconda dei casi, in materia di programmazione regionale dell’offerta formativa, di contenzioso disciplinare riguardante il personale docente delle scuole statali di ogni ordine e grado per sanzioni superiori alla censura, di annullamento per illegittimità delle delibere degli Organi collegiali d’istituto;
    l) definire la composizione dei Consigli scolastici regionali, prevedendo che siano presenti in misura paritaria i presidenti dei Consigli scolastici locali e i rappresentanti del personale della scuola , nonché una limitata rappresentanza delle Università della Regione;
    m) definire le modalità di elezione della componente elettiva,i requisiti culturali e professionali dei componenti designati e i casi di incompatibilità;
    n) Istituire il Consiglio Nazionale dell’Istruzione quale organo di garanzia dell’autonomia del Sistema educativo di istruzione statale e della libertà di insegnamento di cui all’art. 33 della Costituzione;
    o) prevedere che il Consiglio Nazionale sia costituito da non più di venti membri di cui la metà eletti tra il personale della scuola statale, il venticinque per cento designato dal Consiglio nazionale dell’Università e il restante venticinque per cento designato dalla Conferenza Stato-Regioni
    p) definire le modalità di elezione della componente elettiva,i requisiti culturali e professionali delle componenti designate e i casi di incompatibilità;
    q) prevedere che le attribuzioni conferite al Ministro dagli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 del DPR n. 275/99, nonché le competenze per le nomine delle Commissioni di esami per i concorsi e di studio siano esercitate previo parere conforme del Consiglio Nazionale;
    r) confermare in capo al Consiglio nazionale dell’Istruzione le attribuzioni previste dal Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, alle quali aggiungere l’espressione di parere obbligatorio in materia di determinazione degli organici del personale docente ed ATA delle istituzioni scolastiche, di destinazione delle risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche, nonché su ogni altro atto del MIUR o di altri dicasteri concernente il sistema scolastico e le relative risorse finanziarie;
    I decreti legislativi di cui al comma precedente sono adottati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,e successive modificazioni. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere adottati.

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    Bianca Laura Granato

    Articolo otto, aggiungere terzo comma: “l’ora di religione curricolare verrà adibita a “attualità”, impiegando il personale titolare di insegnamento religione cattolica rimasto in esubero, dopo averlo adeguatamente formato. Estinto quel personale, l’ora verrà assegnata a qualunque docente appositamente formato rimanga in esubero per completamento di orario nell’istituto, in subordine, al docente di classe che se ne volesse far carico in aggiunta alle 18 h, non oltre le 24.”

    Formazione delle classi:
    Art. 9: Aggiungere comma 3 : “E’ ammessa nella secondaria superiore modulazione didattica per classi aperte. Le classi aperte vanno intese per gradi di apprendimento nelle varie discipline prevedendo anche una rimodulazione del monte ore di ciascuna nell’arco dell’anno o degli anni in funzione delle propedeuticità disciplinari o InterdisciplInari. Questa rimodulazione dovrà consentire agli studenti di godere di una didattica rispettosa dei tempi di apprendimento di ciascuno che consenta di evitare l’accumularsi di lacune nel corso degli anni.”

    Art. 13. Valorizzazione delle diversità. Aggiungere dopo il comma 9:
    “10. Al Comma 1 della legge 104 del 92 devono essere garantite almeno 18 ore di sostegno (oggi sono 4 e mezzo)
    11. Gli alunni certificati ai sensi della Legge 170 del 2010 (Disturbi specifici dell’apprendimento) possono avere il docente di sostegno se richiesto nel certificato medico
    12. Gli alunni con disturbi dello spettro autistico, borderline e ADHD, oggi rientranti nella sfera dei bisogni educativi speciali, (quindi senza il docente di sostegno), hanno diritto all’assegnazione del docente di sostegno
    13. Il docente di sostegno resta contitolare della classe in cui opera
    14. Nel caso di disabilità sensoriale ed intellettiva relazionale, accanto alla figura del docente di sostegno, deve essere prevista la figura di assistente alla comunicazione
    15. Per ogni scuola siano assegnati almeno 3 assistenti all’autonomia personale”

    Articolo 14, comma 2: Sostituire dove dice: “un/a docente ogni 25 alunni/e di recente immigrazione” con “un/a docente ogni 20 alunni/e di recente immigrazione”.

    Articoli 16-17 osservazioni: se si eliminano i progetti dalle scuole e si limita o annulla l’autonomia che ha creato solo diseguaglianze, quale metodo di valutazione e auto valutazione efficace sono più che sufficienti i risultati in termini di apprendimento che si misurano con gli esami conclusivi di Stato di fine ciclo prevedendo Commissioni almeno per il 50% esterne anche per gli esami conclusivi della scuola secondaria di primo grado, in questo modo la valutazione non può essere formalmente confutata. Vantaggi: si risparmiano i soldi dell’Invalsi e per valutare il sistema di istruzione nazionale in modo obiettivo sarebbero sufficienti le indagini periodiche OCSE PISA, che attestano lo stato di salute del sistema di istruzione nazionale rispetto a quello degli altri paesi OCSE. Stabilendo uno sportello telematico sempre attivo con le famiglie e gli studenti, le criticità possono essere immediatamente e automaticamente rilevate attraverso la piattaforma descritta all’art. 21, comma 3. Individuate le responsabilità e le cause, sarà compito del Dirigente porvi rimedio. Al MIUR automaticamente verranno deferite tutte le criticità rimaste non risolte tramite la piattaforma stessa.

    Articolo 20: cassare comma 4: Appare superfluo, viste le possibilità di interazione telematiche degli utenti con tutti i soggetti della scuola.

    Articolo 21: aggiungere comma tre: “ogni scuola è tenuta a dotarsi di registro elettronico con piattaforma idonea a garantire l’interazione tra tutti i soggetti implicati nei processi e percorsi formativi, docenti, famiglie e studenti, nonché nell’organizzazione e direzione dell’istituto (personale ATA, Dirigente e suoi delegati)”.

    Articolo 26, comma 8: dopo “Al termine del terzo anno l’alunno sostiene l’esame di Stato per l’accesso alla scuola secondaria di secondo grado” aggiungere “esaminato da una commissione costituita per il 50% da docenti di altra scuola statale e per il 50% da docenti interni”.

    Art. 28 comma 1 “Il biennio unitario è costituito da un curricolo di base di 26 ore curricolari e da uno di orientamento di 6 ore curricolari”, sostituire 26 con 27 (aggiunta dell’ora di attualità) e 6 con 8 . Infatti per il liceo classico, per esempio, servirebbero almeno 4 ore di latino e 4 di greco, nell’ipotesi del biennio unico. Al comma 2 aggiungere come disciplina “Attualità”.

    Articolo 32 sesto comma: aggiungere “il percorso studio lavoro non concorrerà alla valutazione conclusiva dell’esame di Stato, ma verrà inserito nella scheda di valutazione presentata alla commissione e ne verrà fatta menzione nel certificato di diploma”.

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    Gaetano Pellecchia

    Nuova LIP in larga parte condivisibile. Qui di seguito alcune mie annotazioni essenziali al testo.
    Art. 7. Obbligo scolastico.
    Non ne condivido l’impianto sia perché l’obbligo formativo a 16 anni ha solo provocato danni agli Istituti Professionali( e, di riflesso, alle scuole secondarie di secondo grado) sia perché confermerebbe l’idea della come strumento di controllo sociale (parcheggio) e farebbe passare l’idea della promozione facile.
    Proposta di modifica
    Art. 7, c. 1
    “L’obbligo scolastico si assolve e si certifica nel Sistema Educativo di Istruzione Statale, decorre a partire dalla frequenza del terzo anno della Scuola dell’Infanzia e termina con il sedicesimo anno d’età.”
    Art. 7, c. 3
    Abrogato
    Art. 7, c. 4
    Abrogato

    Art. 8. Laicità del Sistema Educativo di Istruzione Statale
    La collocazione in orario extracurricolare comporterebbe problemi organizzativi (orario delle lezioni, aperture pomeridiane, ecc.). Propongo di lasciare le cose come stanno.
    Proposta di modifica
    Art. 8, c. 1
    “L’insegnamento della religione cattolica é garantito a chi ne faccia richiesta (Nuovo Concordato 1984, art.9).”

    Art. 15 Percorsi didattici
    Troppo generico, poco fattibile, verticistico, forse lesivo della libertà d’insegnamento. Meglio intervenire sui documenti nazionali in caso di approvazione della LIP.
    Proposta di modifica
    Abrogazione dell’art. 15

    Art. 16 Valutazione di sistema
    In estrema sintesi: l’Istituto Nazionale di Ricerca sul Sistema Scolastico opererebbe attraverso prove Invalsi, RAV e PdM in forma più morbida?
    Proposte di modifica
    1) Abrogazione dell’ Art. 16
    2) Prevedere l’abrogazione dell’ Art. 6, DPR 80/2013 (Istituzione del Sistema NAZIONALE DI Valutazione)

    Art. 17 Autovalutazione
    L’articolo è la logica conseguenza dell’Art. 16. Lasciamo libertà alle scuole.
    Proposta di modifica
    Abrogazione dei commi 1 e 3. L’articolo sarebbe composto solo dal c.2
    “L’auto-valutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo, questionari, colloqui e tutto quanto verrà ritenuto utile, a partire dalla compartecipazione di studenti/studentesse nella scuola Secondaria di secondo grado e dei loro genitori, aiuta la scuola a ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione educativa, didattica e progettuale sugli alunni/e, sui/lle docenti e sui genitori.”

    Art. 18 Valutazione degli apprendimenti
    Per la scuola primaria e per la secondaria di primo grado c’è il rischio di tornare a giudizi basati su definizioni standard. È questo, infatti, il rischio cui porterebbe una “valutazione ”narrativa” dei progressi e delle acquisizioni conseguite.” E poi: cosa si intende, concretamente , per un documento di valutazione formato da una “valutazione narrativa”, una “scheda di sintesi” ed un voto in decimi?
    Forse meglio il voto in decimi, anche in un’ottica di raccordo fra scuole di grado diverso: è più agevole confrontare i voti con i loro descrittori che non i giudizi con i voti.
    Proposta di modifica:
    Abrogazione Art. 18

    Art. 25. Scuola Primaria
    Anche alla luce della tendenza del tasso di natalità per i prossimi anni, propongo di prorogare di un mese il limite di età per l’iscrizione al primo anni della scuola primaria.
    Proposta di modifica:
    “La Scuola Primaria, della durata di 5 anni, accoglie tutti i bambini e tutte le bambine presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i 6 anni entro il 31 GENNAIO dell’anno scolastico di riferimento”.

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    COMITATO LIP-BARI

    COMITATO LIP-BARI: PROPOSTE DI EMENDAMENTI AL TESTO LIP

    Per uniformità lessicale, riteniamo sia opportuno utilizzare sempre la stessa espressione: Istruzione statale ovvero Pubblica istruzione. Pertanto, proponiamo di utilizzare o “Sistema Educativo di Istruzione Statale”, “Ministero dell’Istruzione Statale”, “Ministro dell’Istruzione Statale”, “Consiglio Nazionale dell’Istruzione Statale”
    ovvero “Sistema Educativo della Pubblica Istruzione”, “Ministero della Pubblica Istruzione”, “Ministro della Pubblica Istruzione”, “Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione”.

    Art. 1. Principi.
    Al comma 1, laddove recita: “si ispira a principi di pluralismo e di laicità”, proponiamo di aggiungere “democrazia e inclusione”, pertanto il comma diventerebbe:
    “si ispira a principi di pluralismo, laicità, democrazia e inclusione”.
    Al comma 4 “…personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo…” scrivere in minuscolo.

    Art. 2. Finalità generali.
    Comma 2: “A tal fine la pratica scolastica si organizza in un’alternanza di lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico – educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, interventi educativi aperti al territorio”.
    Noi condividiamo la proposta e le motivazioni di Lorenzo (4/1/2017) di abrogare il comma 2; contrariamente, proponiamo di cancellare “…organizzazione di…”, e di aggiungere “e nel rispetto della libertà d’insegnamento”, perché l’articolo appare troppo prescrittivo, sbilanciato sulle scuole secondarie e forse lesivo del principio della libertà di insegnamento. Pertanto, se non abrogato, il comma diventerebbe:
    “A tal fine, e nel rispetto della libertà d’insegnamento, la pratica scolastica si organizza in un’alternanza di lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico-educativi, lavoro individuale e cooperativo, scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, interventi educativi aperti al territorio.

    Art. 3. Diritto all’istruzione.
    Comma 2: “Lo Stato garantisce la gratuità dei libri di testo e del trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle Scuole Statali dell’obbligo di ogni ordine”. Poniamo una domanda: a prescindere o tenendo conto delle condizioni socio-economiche delle famiglie?
    Al comma 4, laddove recita: “Lo Stato promuove e sostiene l’attivazione di corsi per l’Educazione degli Adulti. Tali corsi, fatta salva l’equiparazione degli obiettivi e dei titoli conseguiti, competono ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), che forniscono gli spazi ed il personale docente e non docente per la loro realizzazione”, proponiamo di cancellare tutta la seconda parte, perché riteniamo sia compito dello Stato non solo promuovere, ma anche organizzare, formare e assumere il personale docente per tali corsi. Pertanto il comma diventerebbe:
    “Lo Stato promuove e attiva i corsi per l’Educazione degli Adulti”.

    Art. 4. Articolazione.
    Il comma 1 recita: “Il Sistema Educativo di Istruzione Statale è costituito dai Nidi d’infanzia e dalle scuole statali di ogni ordine e grado. Il segmento scolastico si articola nella Scuola di Base e nella Scuola Secondaria di secondo grado. È abrogato il primo periodo dell’articolo 1, comma 1, della Legge 10 marzo 2000, n. 62”.
    Noi proponiamo di specificare in quale modo si articola la Scuola di Base, per cui il comma diventerebbe:
    “Il Sistema Educativo di Istruzione Statale è costituito dal Nido d’infanzia e dalle Scuole Statali di ogni ordine e grado. Il segmento scolastico si articola [a] nella Scuola di Base, costituita dalla Scuola dell’infanzia, dalla Scuola Primaria e dalla Scuola Secondaria di primo grado e [b] nella Scuola Secondaria di secondo grado. È abrogato il primo periodo dell’articolo 1, comma 1, della Legge 10 marzo 2000, n. 62”.

    Art. 5. Obiettivi dei diversi livelli del Sistema Educativo di Istruzione Statale
    Proponiamo la seguente rivisitazione e stesura dei commi 3, 4, 5 e 6:
    3. La Scuola dell’Infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine. Nel rispetto della personalità di ciascuno e nell’effettiva uguaglianza delle opportunità educative offerte, la Scuola dell’Infanzia sviluppa l’identità, l’autonomia e le competenze di ciascun bambino e di ciascuna bambina.
    Per i percorsi di sviluppo dei bambini, come specificità pedagogico/didattica si assumono l’accoglienza trasversale, il gioco mirato all’apprendimento e gli approcci progettuali integrati ed unitari.
    4. La Scuola Primaria persegue come finalità la costruzione delle conoscenze, dei saperi e delle abilità di base, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Essa potenzia le capacità affettive e relazionali attraverso percorsi di conoscenza e di valorizzazione di sé e dell’altro/a in un ambiente accogliente e stimolante.
    5. La Scuola Secondaria di primo grado persegue come finalità l’educazione sociale, affettiva ed emotiva dei ragazzi e delle ragazze per la valorizzazione di sé e dell’altro/a. Essa organizza ed accresce le conoscenze e le abilità, cura la dimensione sistematica delle singole discipline e della loro interrelazione, sviluppa e rafforza le capacità di studio autonomo, favorisce la scelta consapevole della Scuola Secondaria di secondo grado.
    6. La Scuola Secondaria di secondo grado persegue come finalità il consolidamento, la riorganizzazione, l’accrescimento delle capacità e delle competenze già acquisite. Essa sostiene e incoraggia le attitudini e le aspirazioni di ciascuno/a studente/ssa, fornisce strumenti per l’affermazione dell’autonomia personale, arricchisce la formazione culturale, umana e civile, sostiene la progressiva assunzione di responsabilità, offre conoscenze adeguate per l’accesso ai livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro.

    Art. 6. Gestione delle discontinuità
    Quanto descritto nel testo a noi sembra difficilmente praticabile (spesso non funziona neanche negli istituti comprensivi). Riteniamo che si debba tener conto della realtà degli istituti comprensivi (che forse andrebbero aboliti) e del fatto che gli alunni in uscita dalla Scuola Secondaria di I grado seguono percorsi differenti. A nostro giudizio sembra opportuno riconoscere libertà alle scuole. Ci preoccupa, inoltre, una più che probabile gestione tecnicistica ed un aumento considerevole delle “carte”.
    Pertanto, proponiamo l’abolizione dell’articolo 6.
    In alternativa, proponiamo la seguente riscrittura dell’art. 6:
    “Ogni singolo istituto predispone sedi opportune di confronto, progettazione ed attuazione operativa di percorsi didattici di raccordo, da attuare tra docenti dei diversi ordini di Scuola”

    Art. 8. Laicità del Sistema Educativo di Istruzione Statale
    Al comma 2, laddove recita: “Cerimonie religiose e atti di culto non hanno luogo nei locali scolastici, né in orario scolastico, né in orario extra scolastico.”, proponiamo di cancellare “né in orario extra scolastico”, al fine di evitare equivoci interpretativi. Infatti, stabilito che cerimonie e atti cultuali non possono essere svolti nei luoghi e nei tempi scolastici, sembrerebbe che noi intendessimo proibire anche al di fuori di quelli il libero esercizio del diritto di culto, pregare, benedire, offrire sacrifici… Pertanto, proponiamo il seguente testo:
    “Cerimonie religiose e atti di culto non hanno luogo nei locali scolastici, né in orario scolastico”.

    Art. 11. Organici
    Al comma 1, laddove recita: “Le dotazioni organiche delle Istituzioni Scolastiche sono determinate annualmente entro il 31 marzo, sulla base del numero di classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai singoli istituti”, proponiamo di spostare la data al 30 aprile, per dare più tempo agli organi competenti di determinare le dotazioni organiche. Pertanto, proponiamo la seguente riscritture del comma 1:
    “Le dotazioni organiche delle Istituzioni Scolastiche sono determinate annualmente entro il 30 aprile, sulla base del numero di classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai singoli istituti.”
    Art. 20 Partecipazione.
    Comma 4: ci sembra eccessiva e inutile la convocazione mensile del consiglio di classe allargato per discutere del progetto educativo e dell’ampliamento del progetto formativo. Noi riteniamo che siano sufficienti due convocazioni, una all’inizio e l’altra a metà dell’anno scolastico. Pertanto, il comma potrebbe essere riscritto così:
    “Oltre a quanto previsto all’articolo 19, comma 1, lettera b), in ogni classe della scuola Secondaria di secondo grado viene istituito un Consiglio di Classe allargato, formato da tutti i docenti e da tutti gli studenti, che si convochi all’inizio e a metà dell’anno scolastico, per discutere del progetto educativo della classe e dell’ampliamento del progetto formativo.”

    Art. 23 Il Nido d’infanzia
    Al comma 6, laddove recita:
    “almeno 1 educatore/trice ogni 5 lattanti iscritti;
    almeno 1 educatore/trice ogni 6 piccoli iscritti;
    almeno 1 educatore/trice ogni 8 grandi iscritti”, proponiamo di indicare più chiaramente l’età al posto di “piccoli iscritti” e “grandi iscritti”.

    Il comma 9, che recita: “Entro 12 mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati, per il tramite delle Regioni” ci sembra poco chiaro, infatti, ci chiediamo: [a] le Regioni sono il tramite attraverso cui lo Stato si impegna a varare il piano nazionale? Oppure, [b] le Regioni sono il tramite attraverso cui lo Stato vincola i fondi erogati?
    Secondo la prima interpretazione, che ci sembra più verosimile, il comma potrebbe essere riscritto in questo modo:
    “Entro 12 mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è impegnato, per il tramite delle Regioni, a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati a carico dello Stato”.
    Per la seconda interpretazione, meno attendibile a nostro giudizio, il comma risulterebbe scritto così:
    “Entro 12 mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati a carico delle Regioni”.

    Art. 24. Scuola dell’Infanzia
    Al comma 5, che recita: “Ad ogni classe sono assegnati/e due insegnanti contitolari e corresponsabili, che garantiscono almeno 10 ore di compresenza settimanale utilizzabile in modo flessibile”, proponiamo di correggere “utilizzabile” con “utilizzabili”, al plurale, perché sono le ore e non la compresenza utilizzabili in modo flessibile. Pertanto, proponiamo riscrivere il comma nel seguente modo:
    “Ad ogni classe sono assegnati/e due insegnanti contitolari e corresponsabili, che garantiscono almeno 10 ore di compresenza settimanale utilizzabili in modo flessibile”.

    Al comma 6, che recita: “Al fine di garantire una gestione collegiale della scuola dell’infanzia, in tutte le sue articolazioni, si prevedono un orario di servizio di 24 ore frontali ed un’ora di programmazione settimanali. Le ore di programmazione possono essere usate in modo flessibile, secondo le esigenze, con moduli di un’ora alla settimana o di due quindicinali”, proponiamo di cancellare la virgola dopo “dell’infanzia” e coniugare al singolare il verbo prevedere: “si prevede” anziché “si prevedono”. Pertanto il comma risulterebbe così scritto:
    “Al fine di garantire una gestione collegiale della scuola dell’infanzia in tutte le sue articolazioni, si prevede un orario di servizio di 24 ore frontali ed un’ora di programmazione settimanali. Le ore di programmazione possono essere usate in modo flessibile, secondo le esigenze, con moduli di un’ora alla settimana o di due quindicinali”.

    Art. 25. Scuola Primaria
    Comma 1: riteniamo si utile indicare la durata del corso degli studi. Pertanto il comma si potrebbe riscrivere nel seguente modo:
    “La Scuola Primaria, della durata di 5 anni, accoglie tutti i bambini e tutte le bambine presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i 6 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento”.
    Al Comma 9, che recita: “I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata, utilizzando personale qualificato”, riteniamo sia da aggiungere “degli alunni e delle alunne a scuola” dopo “…posticipata”; pertanto il comma risulterebbe:
    “I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata degli alunni e delle alunne a scuola, utilizzando personale qualificato”.
    Art. 29. Il triennio di indirizzo
    Al comma 1, a noi sembra importante (a meno che non vengano intesi come indirizzi all’interno delle macro-aree) aggiungere altre due macro-aree: Linguistica e Sportiva; pertanto il comma potrebbe recitare:
    “Il triennio della Scuola Secondaria di secondo grado si articola in 7 macro-aree (in ordine alfabetico): Artistica, Linguistica, Musicale, Scientifica, Sportiva, Tecnico-Professionale e Umanistica”.
    Art. 32. Percorsi Studio-Lavoro
    Il comma 4 recita: “Gli inserimenti dei singoli allievi/e nelle realtà di lavoro vengono progettati in modo che siano funzionali al percorso di apprendimento complessivo. I soggetti promotori hanno l’obbligo di garantire la presenza di un responsabile didattico-organizzativo delle attività, che a conclusione dei percorsi dovrà documentare quanto svolto dallo/la studente in una relazione scritta”.
    Il comma 5 recita: “La Scuola è tenuta a verificare con lo/a studente la veridicità di quanto dichiarato dal tutore e la validità dell’esperienza, richiedendogli/le di descrivere in forma scritta le attività svolte e di esprimere un giudizio nel merito, anche attraverso la formulazione di questionari elaborati dall’Istituto”.
    Nel comma 4, chi è il “responsabile didattico-organizzativo”, un docente o un soggetto del mondo del lavoro? Dalla nostra comprensione sembrerebbe un docente, anche perché il soggetto promotore dell’attività è la scuola.
    Nel comma 5, chi è il “tutore”, il responsabile di cui al comma 4, dunque un docente? Se così, ci sembra strano che la scuola sia tenuta a verificare ciò che essa stessa dichiari, per il tramite di un suo stesso docente. Qui “tutore”, secondo la nostra comprensione, sembra riferirsi a un soggetto del mondo del lavoro.
    Questa è una contraddizione che possiamo solo rilevare, ma non risolvere.
    In conclusione, ci sembra opportuno aggiungere, al presente articolo, un altro comma, il n. 7, al fine di riconoscere, con l’attribuzione di un giudizio di merito in funzione del credito, l’impegno dell’alunno/a per la frequenza del percorso studio/lavoro. Pertanto:
    Comma 7: “La frequenza, con giudizio di merito ai percorsi di studio/lavoro, contribuisce alla formazione del credito scolastico”.

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    antonia sani

    Art..3, 2 aggiungere a “ordine” la parola “grado”

    Art. 4, 2. Premettere una frase che segni l’intenzione di questa proposta di legge di attuare anche nella scuola dell’infanzia il dettato costituzionale . “Il trasferimento allo Stato delle sezioni di scuola dell’Infanzia comunale è determinato dal riconoscimento della scuola dell’infanzia come parte della scuola di base con pari opportunità per tutti i bambini e le bambibe su tutto il territorio nazionale” ; a seguire ” ove si determinino……..”

    Art.8 premettere agli attuali 1,2 un più generale riferimento al concetto di laicità
    1. “E’ garantito nell’intero percorso scolastico il rispetto della libertà religiosa e di pensiero”.
    I,2 diventano 2,3.

    Art.19 E’ fondamentale in questo articolo sottolineare l’importanza del Consiglio Nazionale dell’Istruzione che non è più soltanto l’organo consultivo del MIUR formato da docenti ma diventa un organismo autonomo nel rispetto del principio costituzionale della partecipazione . E’ da questo organismo che parte l’autonomia degli organi collegiali territoriali e di Istituto, a differenza dell’ autonomia delle singole scuole private.
    Quindi tutto ciò che riguarda questo organismo va messo al primo posto.
    Il punto a) deve concludersi con “sia a livello nazionale, di istituto e territoriale”. Di seguito va messo quello che ora è il punto n) con l’aggiunta ….”della laicità della scuola e dell’autonomia degli Organi Collegiali di Istituto e territoriali”; seguono gli attuali o), p); continua poi la collocazione dall’attuale punto b)
    ( che cambierà lettera) .
    Sulla composizione del Consiglio Nazionale dell’Istruzione credo si debba prevedere anche una quota della società civile ( associazioni di genitori, di studenti..) in analagia con il principio della partecipazione rappresentata negli organi collegiali……

    Art. 24 , 1. aggiungere “a quella comunale ” la frase “fintanto che non si giunga a un’unica scuola dell’Infanzia pubblica statale”. Anche in questo passaggio sta la forza innovativa di questa proposta di legge.

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    COMITATO LIP-BARI

    Cambiare il titolo della legge . “Buona scuola” è stato deturpato e non va più usato.
    Art 5 comma 3 : La Scuola dell’Infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine. Ciò nel rispetto della loro personalità, per lo sviluppo dell’identità e dell’autonomia e delle competenze, nell’ambito cognitivo, in quello affettivo e relazionale assicurando un’effettiva uguaglianza delle opportunità educative.
    Come specificità pedagogiche e didattiche si assumono il gioco come strumento privilegiato per l’apprendimento ed approcci progettuali integrati ed unitari,la dimensione dell’accoglienza trasversale e continuativa nel tempo come modalità specifiche per i percorsi di sviluppo dei bambini
    Motivazione:: in quella fase dell’età evolutiva la “personalità” è ancora in formazione e l’idea di “competenze” è da rigettare. In genere: lascerei la parola “competenze” alla scuola secondaria di secondo grado. Declinerei al plurale le “specificità pedagogiche e didattiche;
    non è chiaro il significato di “accoglienza trasversale”, il tema dell’accoglienza è declinato in altre parti e vale per tutti i gradi.
    Art.17 Autovalutazione
    L’auto-valutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo, questionari, colloqui e tutto quanto verrà ritenuto utile, a partire dalla compartecipazione delle famiglie e degli /le di studenti/studentesse nella scuola Secondaria di secondo grado e dei loro genitori, aiuta la scuola a ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione educativa, didattica e progettuale sugli alunni/e, sui/lle docenti e sui genitori
    Motivazione: dal testo sembrerebbe che vadano coinvolti esclusivamente i genitori della scuola secondaria di secondo grado.
    Art. 32. Percorsi Studio-Lavoro
    I percorsi studio-lavoro possono prevedere sia l’intervento di esperti in aula, sia l’inserimento del singolo allievo/a nella realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata compresa tra le due e le tre settimane, anche non continuative, e si effettuano nel corso dell’anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del territorio di riferimento (aziende, cooperative, laboratori di ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio, ecc.). Sono esclusi dalle convenzioni i Centri e gli enti di Formazione Professionale e le Agenzie Regionali per l’Impiego.

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    Bianca Laura Granato

    Art. 28, Osservazioni comma 2:
    Non si possono accorpare in un unico insegnamento discipline come Scienze e Fisica, penalizzandone la specificità e consentendo per esempio a docenti di Scienze di insegnare anche Fisica.
    Già bisognerebbe ripensare la possibilità di insegnare nelle secondarie di primo grado Matematica per chi ha laurea in Scienze biologiche e di insegnare Scienze per chi è laureato in Matematica o Ingegneria o affini. Purtroppo da queste Facoltà, almeno col vecchio ordinamento, non si ha accesso ad una formazione che consenta una capacità didattica valida per insegnare Fisica, se non nei casi, in cui l’intervento individuale o SISS, TFA e PAS abbiano sopperito alle carenze accademiche. Una delle pecche più consistenti nel nostro ordinamento rimane ancora quella di non conferire specificità a queste discipline e anche ai titoli di studio che sono necessari per poterle insegnare. Infatti oggi sono conseguenze sotto gli occhi di tutti i livelli di apprendimento piuttosto carenti dei nostri studenti nelle discipline scientifiche, che spesso anche per questo non riescono ad amare.
    Per quanto concerne il biennio unico, nella riorganizzazione del piano di studi proposta nella LIP, non appare sufficientemente formativo per la prosecuzione del percorso liceale: c’è troppa continuità col piano di studi della secondaria di primo grado. Inserire Educazione Musicale nel percorso obbligatorio a discapito del latino, per esempio, implica dover appesantire il curricolo obbligatorio per chi vuole accedere ad un percorso liceale di discipline che possono non essere attinenti alle attitudini e agli interessi di ciascuno e quindi senza ricadute sul prosieguo degli studi.
    Il curricolo obbligatorio pertanto, a mio parere, può essere meglio articolato così: lingua e Letteratura Italiana, Matematica con elementi di Informatica, Lingue Straniere, Scienze Naturali Biologiche Chimiche, Fisica, Storia, Geografia, Diritto ed Economia, Scienze Motorie, Disegno e Arte, Lingua Latina. In questo modo, anche con 6 ore di discipline opzionali, ciascuno acquisirebbe una formazione tale da potergli consentire di proseguire il triennio in qualunque indirizzo.

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    La redazione

    Questa riflessione tratta temi di cui abbiamo già discusso nelle precedenti assemblee, su cui abbiamo deliberato e che non possono essere rimessi in discussione. Grazie comunque.

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    Unicobas

    ALLA LIP
    Cari amici e compagni della Lip,
    in allegato alla presente troverete la nostra proposta, rivolta all’Assemblea del 22 Gennaio, per l’uscita del comparto Scuola (Docenti ed Ata) dal campo di vigenza del Dl.vo 29/1993 (anche i collaboratori scolastici e gli aiutanti tecnici hanno responsabilità penali e compiti, ad esempio di vigilanza e/o coadiuzione educativa, che non si riscontrano nel mondo impiegatizio, mentre gli amministrativi firmano bilanci di milioni che ovunque – anche nel sistema privato – darebbero luogo a retribuzioni ben più alte.). Compreso, fra gli allegati, il testo di riferimento elaborato nel seminario Lip di Bologna dello scorso anno, quando si discusse la nostra proposta integrativa per la Lip. Su questa proposta, da noi avanzata a varie riprese, la Lip non ha mai deliberato. Il senso è quello di restituire alla Scuola il ruolo costituzionale di Istituzione, sottrattole con infinite manovre aziendaliste (cd. ‘autonomia’ inclusa), ma la manovre ha il suo cardine nel Dl.vo 29/1993 del Governo Amato. Questo, molto sinteticamente, include la Scuola (ma non l’Università, la Magistratura, ‘Sicurezza’ e Difesa, etc.) nella privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, così che il nostro contratto è paradossalmente divenuto di natura privata proprio perché inseriti nel pubblico impiego, mentre è rimasto di natura pubblica per altri settori retribuiti dallo stato (in primis l’Università, dove si esercita la nostra stessa funzione). Questa ‘innovazione’ impone regole rigide, prima di tutto alla contrattazione:
    a) Non si possono ottenere aumenti stipendiali superiori all’inflazione programmata nelle leggi finanziarie dal Ministro dell’Economia (la qual cosa ci ha portato ad avere, nell’ambito UE, retribuzioni più basse (anche alla luce del diverso costo della vita) persino di Grecia (nonostante le riduzioni di spesa operate negli ultrimi anni) e Portogallo (dagli spagnoli ci separano circa 1.000 euro netti su base mensile). Questa regola allontana matematicamente, di contratto i contratto, l’Italia dalla media retributiva UE, soprattutto perché il dato ‘inflazione programmata’ è del tutto previsionale (per l’anno a venire) e viene fissato sempre sotto l’inflazione dichiarata dall’Istat (che è sempre molto inferiore all’inflazione reale). In tempi di deflazione, addirittura, si rischia l’automatismo del blocco contrattuale. Impossibile, se non si esce dai vincoli del Dl.vo 29/1993, anche solo tentare di riavvicinarsi alla media retributiva UE. Tutto ciò fa sì che non esista più dal 1993 una vera trattativa contrattuale, determinando il tutto totalmente in via discrezionale il nostro datore di lavoro. Impossibile, in un quadro normativo del genere, persino battersi per un incremento dell’indennità di funzione docente.
    b) L’eliminazione del ‘ruolo’, sostituito dall’incarico a tempo indeterminato (prima del Dl.vo 29, tipico del personale precario reincaricato per continuità didattica). Per i precari ‘incarico a tempo determinato’ (posizione molto più debole). Ma il ‘ruolo’ era soprattutto uno ‘scudo’ a garanzia dell’autonomia della funzione docente, che è tuttora (fino alla molto prossima eliminazione del Testo Unico ‘297’) funzione di lavoro non subordinato (a garanzia del rispetto del vincolo costituzionale della libertà di insegnamento).
    c) Sono stati eliminati gli scatti d’anzianità: il Dlvo 29/93 li cancella del tutto. Per noi è stato seguito un ‘percorso a tempo’: il ‘congelamento’ non è che l’anticamera dell’eliminazione degli scatti. Erano biennali e sono stati trasformati in 6 ‘gradoni’: il primo di 3 anni, i successivi tre di 6 anni e gli ultimi due di 7. Anche senza alcun rinnovo contrattuale, oggi avremmo una retribuzione molto più alta se avessimo conservato quegli scatti. S’è detto che con quegli aumenti d’anzianità (che invece hanno conservato i docenti universitari, i magistrati ed i militari di carriera) ‘sarebbero andati avanti tutti, anche i cialtroni’. Però persino la Svizzera, paese ‘meritocratico’-liberista per eccellenza, che non prevede automatismi d’anzianità per nessuno, li conserva SOLO per gli insegnanti (e sono annuali), perché in tutto il mondo si sa bene che ad insegnare si impara soprattutto insegnando. L’attuale, apparente, ‘sopravvivenza’ dei ‘gradoni’ è dal contratto del 1995 (quello che ha recepito i dettami del Dl.vo 29/93) del tutto aleatoria: infatti, dall’epoca non esiste più un ‘capitolato’ di spesa ove destinare fondi contrattuali per gli scatti d’anzianità. Tanto che la retribuzione degli scatti ‘congelati’ avviene a carico degli stanziamenti per il fondo di istituto. In parole povere, siamo sempre noi, Docenti ed Ata, a pagare: mentre aumentano i carichi di lavoro, per retribuire gli ‘scatti’ diminuiscono i fondi per gli straordinari, i progetti, le ore aggiuntive. Le residue retribuzione d’anzianità passano da una tasca all’altra, ma sono sempre a nostro carico. Ma la cosa più grave è stata la contestuale trasformazione del preside in ‘datore di lavoro’ interna al Dlo.vo 29 (ancor prima che diventasse ‘dirigente’): per questo è stata possibile la chiusura del cerchio avvenuta con la L. 107/2015, era ovvio che il ‘datore di lavoro’, prima o poi, sarebbe stato colui che t’assume, ti ‘valuta’ e ti licenzia. Questa definizione, che troviamo già nel contratto del 1995, annunciava la figura del ‘dirigente’ (ruolo aziendalista inesistente nelle Università – ove i presidi di facoltà sono elettivi – che confligge con la comunità educante e con l’ambito collegiale e democratico di autogoverno della scuola). Il dirigente, introdotto con la cosiddetta ‘autonomia’ nel 2000 (che ha eliminato anche i Consigli Scolastici Provinciali ed i Consigli di Disciplina eletti), è diventato quindi l’arbitro assoluto di ogni controversia disciplinare, insieme all’Ufficio Scolastico Provinciale. Se non si pretende l’uscita della Scuola dal campo di vigenza del Dl.vo 29, risulta assolutamente contraddittoria ogni battaglia contro la L. 107 (ed ora contro le famose ‘deleghe’ testè approvate), ancor più a fronte del tentativo annunciato ieri di abrogare del tutto il Testo Unico ‘297’ tramite lo specifico disegno di legge richiamato dal Ministro Fedeli. Non hanno approvato la delega sul Testo Unico semplicemente perché sarebbero stati costretti a muoversi nell’ambito dell’attuale stato giuridico del personale della Scuola, mentre vogliono abbattere definitivamente ogni quarentigia, a cominciare dalla definizione di ‘lavoratore non subordinato’ richiamata (ancora) anche nel contratto. Questo è il vero ‘atto d’indirizzo’ del nuovo Ministro: andare persino oltre la L.107 (il lavoro più ‘sporco’ si lascia sempre ad un governo ‘di scopo’).
    Per le ragioni su addotte, dobbiamo batterci per un contratto specifico di natura non privatistica per tutta la Scuola fuori dall’area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la ‘libertà di impiegamento’ e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza (con diramazioni provinciali), adibito a garantire, così come per la Magistratura, l’autonomia e la terzietà della Scuola pubblica. Senza tutto ciò la privatizzazione della scuola e la sua subordinazione alle caste della politica ed agli interessi economici privati e di parte, come s’è ampiamente dimostrato, è sicura.
    In questi ultimi vent’anni il Parlamento ha approvato una serie di leggi che hanno inciso profondamente sulla condizione degli insegnanti, considerandoli, però, essenzialmente «indistinti dipendenti pubblici», alla stregua di tutti gli altri impiegati dello Stato: la legge 29 marzo 1983, n. 93, nota come legge quadro sul pubblico impiego, a seguito della quale i docenti furono inseriti nel 6° e 7° livello impiegatizio e la funzione docente perse ogni specificità e si recise definitivamente il legame con la docenza universitaria; la legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, sul pubblico impiego, che ha dato il via alla privatizzazione del rapporto di lavoro, distinguendo fra ciò che rimaneva riserva di legge e ciò che diventava materia di contrattazione. Il rapporto di lavoro della docenza universitaria non veniva invece privatizzato, come avvenuto per la Scuola con la diretta emanazione di tale norma: il decreto legislativo n. 29 del 1993. La legge 15 marzo 1997, n. 59, con cui è stata istituita l’autonomia scolastica e si è attribuita la dirigenza ai capi d’istituto, separando la loro contrattazione dal restante personale della scuola nega di fatto la caratteristica di lavoratore non subordinato attribuita ai docenti dalle norme sulla libertà d’insegnamento.
    Per questo, oltre all’uscita dal Dl.vo 29, si ritiene necessaria la costituzione di un organismo di autogoverno autonomo ed indipendente dall’amministrazione, con la funzione di dare evidenza, identità e tutela alla professione docente: il Consiglio Superiore della Docenza, eletto unicamente dagli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, con consigli a livello regionale, entrambi coadiuvati da esperti nominati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dalle università. Il Consiglio Superiore della Docenza dovrebbe avere il compito di definire gli standard professionali, di sovrintendere alla formazione iniziale e in servizio, di intervenire sulle norme di accesso all’insegnamento, di statuire e far rispettare il codice deontologico. Gli standard professionali devono descrivere che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti. Essi sono l’elemento fondante dell’identità professionale e costituiscono la base indispensabile per la formazione iniziale e in itinere, per il reclutamento, per la valutazione e l’autovalutazione dei docenti. Vanno individuati standard per la formazione iniziale, per il reclutamento e il superamento del periodo di prova. Il codice deontologico favorisce la costruzione dell’identità professionale, aumenta il senso di appartenenza alla propria comunità professionale e scientifica, costituisce esso stesso un importante riferimento ai fini della valutazione collegiale dei risultati del Pof e dell’autovalutazione, nonché dell’attività educativa, e contempera l’autonomia professionale con i bisogni degli allievi e con i più generali interessi della società. Per essere efficaci, sia gli standard che il codice deontologico devono essere aperti alle sollecitazioni della concreta pratica professionale, della ricerca, della cultura e della domanda sociale; devono essere flessibili e dinamici, cioè continuamente aggiornabili e aggiornati, favorendo il confronto studenti-docenti sul piano formativo, ma ristabilendo il rispetto dei ruoli: ambito metodologico- didattico di stretta competenza degli insegnanti senza (dannose e inqualificabili) intromissioni; ambito formativo che attiene al rispetto fra i ruoli.
    La controparte, Treelle, Confindustria, partiti e gruppi privati  trans-nazionali liberisti, sindacati consociativi, viceversa, persegue lo smantellamento di quel che resta degli organi collegiali: Collegio Docenti (che si vorrebbe solo consultivo) e Consiglio di Istituto (da trasformare in ‘consiglio di amministrazione’ di scuole-fondazioni con la presidenza del ‘dirigente’ medesimo). Grazie alla cd. ‘autonomia i Consigli Scolastici Provinciali non esistono più dal 2000 e gli insegnanti non hanno eletto più il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione dal 1997 al 2015 (ma con rappresentanza fortemente ridotta e ‘poteri’ del tutto aleatori): se avessero tolto organismi di tale importanza a qualsiasi altra categoria professionale ci sarebbe stata un’insurrezione, mentre noi abbiamo avuto persino un ministro che intendeva ‘valutarci’ a quiz, come poi imposto agli studenti con il dozzinale metodo Invalsi. Perciò riteniamo che serva ridare vita agli organismi elettivi previsti dai Decreti Delegati del 1974, per una rappresentanza composita di tutto il mondo della Scuola (Ata, genitori e studenti inclusi) per rilanciarne una nuova, vera, gestione democratica.
    Sappiamo che la Lip è favorevole alla reintroduzione degli Organi di rappresentanza elettivi previsti dai DDPPRR 416 e 417 del 1974. Per questo, nel caso ci venga richiesto, siamo disposti ad accantonare al momento la nostra proposta, relativamente all’istituzione del Consiglio Superiore della Docenza, mentre riterremmo davvero contraddittorio non operare il salto di qualità in termini contrattuali con l’uscita dal campo di vigenza del Dl.vo 29/93, per aprire una fase nuova (e di progetto) nel panorama del Movimento della Scuola, poiché senza la riconquista di uno stato giuridico appropriato non impiegatizio ogni lotta rischia di venire compromessa in partenza. Conosciamo le resistenze. C’è chi scambia il ritorno ad un regime pubblico in termini di rapporto di lavoro con la ‘decontrattualizzazione’: rispondiamo che invece noi ci rischiamiamo alla situazione ante-Dl.vo 29/93, che prevedeva la contrattazione nazionale, come testimoniano i numerosi CCNNLL di quegli anni. Semmai riteniamo l’Aran (introdotta con la privatizzazione del rapporto di lavoro) un vero e propiro ignobile carrozzone.

    A presto

    p. l’Unicobas Scuola
    Stefano d’Errico
    ……

    EMENDAMENTI ALLA LIP PROPOSTI DALL’UNICOBAS

    Art. 1

    (Principi generali)

    Si statuisce un’area contrattuale specifica per tutto il personale della scuola, docente, amministrativo, tecnico, ausiliario, nonché per i presidi, fuori dal campo di vigenza della legge delega n. 421/1992 sul Pubblico Impiego e della sua diretta emanazione: il decreto legislativo n. 29 del 1993, e successive modificazioni.

    Art. 2

    (Organismo professionale rappresentativo e sue diramazioni regionali)

    Entro un anno dall’approvazione della presente Legge, al fine di garantire l’autonomia professionale, la responsabilità e la partecipazione dei docenti alle decisioni sul sistema nazionale di istruzione, saranno istituiti appositi organismi professionali rappresentativi della funzione docente, uno nazionale, denominato Consiglio Superiore della Docenza, e uno per ciascuna regione denominato Consiglio Regionale della Docenza.
    Il Consiglio Superiore della Docenza deciderà a maggioranza qualificata dei due terzi, criterio secondo il quale nominerà anche il proprio presidente, che ne sarà rappresentante legale.
    I Consigli Regionali della Docenza decideranno a maggioranza qualificata dei due terzi, criterio secondo il quale nomineranno anche il proprio presidente, che ne sarà rappresentante legale.
    Il Consiglio Superiore della Docenza è composto da ventiquattro membri (che potranno avvalersi dell’opera consultiva di cinque membri tecnici proposti dal Ministro dell’Istruzione o dalle Università), i Consigli Regionali della Docenza si compongono di dodici membri (che potranno avvalersi dell’opera consultiva di tre membri tecnici proposti dal Ministro dell’Istruzione o dalle Università). Tutti i membri eletti nel Consiglio Superiore o in quelli Regionali godranno, per la durata del proprio mandato, di esonero totale e retribuito dal servizio.
    Il Consiglio Superiore della Docenza avrà sede e svolgerà le proprie attività all’interno del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, quale organismo specifico del corpo docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Verrà eletto improrogabilmente ogni cinque anni dal corpo docente stesso a suffragio universale su liste nazionali espresse dalle Associazioni professionali con statuto registrato. Dette Associazioni consegneranno agli Uffici preposti una lista corredata da duecento firme di docenti di ruolo o incaricati a tempo determinato, la cui autenticità sarà garantita dai presentatori, entro il quarantacinquesimo giorno utile precedente la data stabilita dal Ministro dell’Istruzione per le elezioni. Tutte le liste regolarmente presentate hanno diritto di convocare assemblee di propaganda in orario di servizio, retribuite per il personale docente, presso tutte le istituzioni scolastiche, convocate a livello provinciale, a gruppi o singolarmente. Tutti i docenti di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado sono eleggibili. I candidati godono di trenta giorni di esonero retribuito per svolgere la propria campagna elettorale, che avrà pari durata. Tutti i docenti, di ruolo e non, sono elettori. Le elezioni avverranno in due giorni lavorativi e si terranno presso seggi elettorali costituiti in tutte le istituzioni scolastiche pubbliche italiane. Le elezioni determineranno gli eletti secondo il sistema proporzionale.
    I Consigli Regionali della Docenza avranno sede e svolgeranno le proprie attività presso le Direzioni Scolastiche Regionali, quali organismi specifici del corpo docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e verranno eletti improrogabilmente ogni cinque anni – in pari data rispetto al Consiglio Superiore della Docenza – dal corpo docente stesso a suffragio universale su liste regionali espresse dalle Associazioni professionali con statuto registrato che consegneranno agli Uffici preposti una lista corredata da cinquanta firme di docenti di ruolo o incaricati a tempo determinato, la cui autenticità sarà garantita dai presentatori, entro il quarantacinquesimo giorno utile precedente la data stabilita dal Ministro dell’Istruzione per le elezioni. In ogni caso, la presentazione di liste nazionali per il Consiglio Superiore della Docenza, dà comunque diritto a presentare liste per tutti i Consigli Regionali della Docenza. Tutte le liste regolarmente presentate hanno diritto di convocare assemblee di propaganda in orario di servizio, retribuite per il personale docente, presso tutte le istituzioni scolastiche, convocate a livello provinciale, a gruppi o singolarmente. Tutti i docenti di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado sono eleggibili. I candidati godono di trenta giorni di esonero retribuito per svolgere la propria campagna elettorale, che avrà pari durata. Tutti i docenti, di ruolo e non, sono elettori. Le elezioni avverranno in due giorni lavorativi e si terranno presso seggi elettorali costituti in tutte le istituzioni scolastiche pubbliche italiane. Le elezioni determineranno gli eletti secondo il sistema proporzionale.
    Il regolamento di dette elezioni, che non potrà derogare da quanto sancito nella presente legge, verrà redatto dal Ministro dell’Istruzione, possibilmente di concerto con tutte le Associazioni professionali del personale docente della scuola pubblica con statuto registrato, nessuna esclusa, che saranno tutte obbligatoriamente consultate in egual misura, in modo appropriato ed in sede comune. Ogni lista presentata nelle due consultazioni elettorali avrà diritto a designare un membro interno alle commissioni elettorali, nazionale, regionali e di singolo seggio elettorale, nonché propri rappresentanti di lista. I membri delle commissioni elettorali godranno di esonero totale e retribuito dal servizio per il tempo necessario alla raccolta delle liste, alla costituzione ed all’attività dei seggi elettorali e delle commissioni stesse. L’esonero si protrarrà sino alla nomina degli eletti ed al compimento dei tempi necessari all’esame degli eventuali ricorsi loro rivolti sia in ordine alla presentazione ed all’accoglimento delle liste che relativamente alla nomina degli eletti. I presentatori delle liste avranno comunque sempre la facoltà di inoltrare ricorsi alla magistratura ordinaria, che esaminerà le controversie con urgenza. La nomina degli eletti avverrà comunque entro il termine perentorio di giorni trenta dal termine delle votazioni.

    Art. 3

    (Attribuzioni del Consiglio Superiore della Docenza e dei Consigli Regionali)

    Il Consiglio Superiore della Docenza ha la rappresentanza istituzionale della professione docente sul piano nazionale. Esso esercita, oltre a quelle eventualmente demandategli da altre norme, le sotto indicate attribuzioni:
    a) dà pareri, obbligatori e consultivi, al Ministro dell’Istruzione sui progetti di legge e di regolamento che riguardano la formazione primaria, secondaria, superiore, ricorrente e permanente;
    b) emana norme regolamentari comuni per la disciplina delle attività dei Consigli Regionali della Docenza;
    c) statuisce il codice deontologico della funzione docente e ne cura periodicamente l’aggiornamento;
    d) sovrintende espressamente allo stato giuridico del corpo docente e ne cura in modo esclusivo l’ambito della valutazione professionale e dei contenziosi disciplinari, demandandone o meno il merito ai Consigli Regionali;
    e) stabilisce, promuove e sovrintende annualmente al piano nazionale delle attività di aggiornamento che devono svolgersi prevalentemente con esonero dal servizio, per l’attuazione delle quali si avvale anche dei Consigli Regionali della Docenza e delle Università. I piani d’aggiornamento faranno particolare riferimento ai dodici mesi sabatici pienamente retribuiti che i docenti delle scuole di ogni ordine e grado acquisiscono per tramite del presente comma come diritto su base decennale, fruibile ogni nove anni di servizio di ruolo, o anche in periodi frazionati a scelta del singolo;
    f) coordina e promuove le attività culturali dei Consigli Regionali della Docenza tese al miglioramento e al perfezionamento della professionalità nonché alle attività di aggiornamento che devono svolgersi prevalentemente con esonero dal servizio;
    g) regola i criteri d’assunzione per concorso nel sistema pubblico dell’istruzione, la formazione di base ed il tirocinio, nonché del tutoraggio dei neoassunti, e verifica periodicamente mediante i Consigli Regionali della Docenza l’adempimento da parte degli iscritti delle attività di aggiornamento;
    h) intraprende ogni iniziativa a carattere nazionale a tutela della reputazione, della dignità e della libertà dei docenti, nonché della libertà di insegnamento;
    i) decide sui ricorsi avverso le deliberazioni dei Consigli Regionali della Docenza in materia di iscrizione e di cancellazione dagli elenchi dell’Albo dei docenti, che viene disposto su base regionale, e relativi alle elezioni dei Consigli Regionali stessi e, in appello, sui ricorsi in materia disciplinare;
    l) redige il regolamento per la trattazione dei ricorsi e degli affari di sua competenza, per lo svolgimento delle proprie attribuzioni. Detto regolamento è soggetto ad approvazione del Ministro della Giustizia;
    m) dà parere sullo scioglimento dei Consigli Regionali della Docenza sovrintendendo ad eventuali elezioni straordinarie;
    n) determina con deliberazione sottoposta al visto dal Ministro della Giustizia, e con aggiornamento biennale, la misura delle quote annuali – che non possono superare lo 0,30% dello stipendio netto in godimento da parte dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado – dovute dagli iscritti per le spese del funzionamento proprio e dei Consigli Regionali della Docenza, che redigono annualmente e rendono pubblico il proprio bilancio. Le quote degli iscritti vengono prelevate direttamente dalla busta paga per il tramite della parte datoriale e versate al Consiglio Nazionale della Docenza;
    o) delibera sull’utilizzazione e l’investimento delle quote annuali (anche in materia di tutela e previdenza rivolte agli iscritti), e sulla ripartizione delle stesse, almeno il cinquanta per cento delle quali deve comunque ritornare mensilmente ai Consigli Regionali della Docenza;
    p) presiede all’iscrizione degli aventi diritto (docenti delle scuole di ogni ordine e grado, di ruolo e non), libera e non obbligatoria ma che dà agli iscritti il diritto di elettorato attivo e passivo per concorrere alla formazione ed alla gestione degli organi del Consiglio Superiore e dei Consigli Regionali della Docenza, nonché a godere dei servizi da questi prestati;
    q) è destinatario di finanziamenti specifici per lo svolgimento dei propri compiti, pari allo 0,1 per cento del bilancio complessivo dello Stato per l’Istruzione; raccoglie quindi e gestisce finanziamenti statali, regionali o degli altri Enti Locali, nonché dell’Unione Europea, volti alla realizzazione dei propri fini istituzionali ed in favore dei propri iscritti, anche in materia di assistenza e previdenza integrativa. Per raggiungere i propri scopi può siglare convenzioni;
    r) redige annualmente e rende pubblico il bilancio nazionale;
    s) sovrintende all’opera, assolutamente gratuita e non retribuita, prestata all’interno del Consiglio Superiore della Docenza, nonché all’interno dei Consigli Regionali;
    t) stabilisce l’equipollenza dei titoli e determina le classi di concorso;
    u) stabilisce, su base oraria, la retribuzione minima tabellare della funzione relativa al ruolo unico docente, che sia nel sistema pubblico che in quello privato non può comunque essere inferiore alla retribuzione media oraria riferita al ventaglio salariale presente nella Unione Europea con riferimento ad un’ora di insegnamento di scuola superiore trascorsa in presenza degli allievi;
    v) indica le ore di programmazione didattica mensili utili ad ogni ordine e grado di scuola;
    z) stabilisce e cura le relazioni con il sistema Universitario nazionale e con i singoli Atenei, anche al fine di realizzare una carriera docente con sbocco universitario, particolarmente nell’ambito della ricerca metodologico-didattica e della nuova formazione di base dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado.

    Art. 4

    (Ripristino degli organismi elettivi ex “Decreti Delegati”: Decreto del Presidente della Repubblica, 31.5.1974, n.° 416, “Istituzione e riordinamento degli organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica”, ed ex Decreto del Presidente della Repubblica, 31.5.1974, n.° 417, “Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato”: Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione; Consigli Scolastici Provinciali; Consigli Scolastici Distrettuali)

    Gli organismi elettivi previsti dai Decreti Delegati n.° 416 e 417 del 1974, segnatamente il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, i Consigli Scolastici Provinciali ed i Consigli Scolastici Distrettuali, vengono pienamente ripristinati ed entro un anno dall’approvazione della presente legge si procede alla rielezione degli stessi, in pari data con le elezioni relative ai Consigli di Circolo e di Istituto, al Consiglio Superiore della Docenza ed ai Consigli Regionali della Docenza.

    Art. 5

    (Norma di salvaguardia)
    Tutte le disposizioni di legge, normative o contrattuali in contrasto con quelle della presente legge sono abrogate.

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    La redazione

    GLI EMENDAMENTI SONO CHIUSI; E’ IN CORSO IL LAVORO DI SINTESI

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