Testo di Mozione da far deliberare nei Collegi dei Docenti contro il Piano scuola 2020/2021 e le sue linee guida predisposta dal Comitato per la salvaguardia e il rilancio della scuola della Repubblica
Il Collegio dei Docenti del … di …, riunito il ….., in merito alla situazione che si sta delineando con il rientro scolastico stabilisce quanto segue.
La scuola italiana ha sempre cercato – pur tra mille contraddizioni – di adempiere al compito fondamentale che le è affidato dall’art. 3 della Costituzione: rimuovere gli ostacoli che impediscono ancora oggi l’effettiva eguaglianza tra tutte/i le/i cittadine/i. La scuola non è una risposta a domanda individuale, non è un servizio, ancor meno una merce; è un organo costituzionale e, in quanto tale, va riconosciuto e sostenuto.
L’emergenza Covid ha imposto condizioni straordinarie che per mesi hanno limitato pesantemente queste prerogative, poiché attraverso la didattica d’emergenza non è stato possibile assicurare a tutti gli allievi pari condizioni, né una reale libertà d’insegnamento per i docenti, né un pieno svolgimento dei contenuti disciplinari. Un sacrificio necessario, al cospetto di una situazione straordinaria.
I dati epidemiologici continuano a destare preoccupazione, assieme al fatto che ciò che si paventava a giugno è ad un passo dal diventare realtà: la ripresa è stata scaricata interamente sulle scuole, ciascuna con i propri mezzi, senza organici adeguati, senza un piano preciso per le situazioni concrete che si possono già prevedere (assenza di docenti, casi di positività, trasporti…), con Linee guida e Protocolli che, in mancanza delle risorse per applicarli, rischiano di diventare gli ennesimi atti burocratici, adatti a giustificarsi con la legge, non a tutelare alunni, famiglie, docenti, personale e i loro diritti. In questa situazione le diverse condizioni di partenza tra scuola e scuola (edilizia, fondi, contributi esterni, capacità di gestione, disponibilità dei collegi a lavorare attivamente) configureranno riprese a marce diverse, contribuendo a stemperare l’unitarietà del sistema scolastico, garanzia della funzione che la scuola deve svolgere nel Paese.
Abbiamo assistito, come milioni di cittadini, ad un’estate nella quale si è parlato di banchi con rotelle e si sono moltiplicati gli annunci della “fine delle classi pollaio” e dei “piani di recupero”.
La realtà è ben diversa.
- La prima indicazione del Comitato scientifico di adottare un distanziamento fisico di due metri tra gli allievi, poiché richiedeva un incremento notevole di organico, è stata abbandonata e convertita nella decisione di limitare ad un metro tale distanza. Il risultato è che la stragrande maggioranza delle classi potrà accogliere lo stesso numero di alunni pre-Covid.
- L’aumento di organico di docenti, necessario per garantire un distanziamento di sicurezza, è stato di conseguenza molto ridotto, limitandolo ai casi di affollamento più eclatanti. I 40.000 posti in più annunciati non riusciranno così ad assicurare il necessario recupero, né momenti di compresenza con possibilità di dividere le classi e distanziare gli allievi.
- Ancora più grave è la situazione del personale ATA, che sulla carta dovrebbe assicurare pulizia, igienizzazione, vigilanza, permettere ingressi differenziati e scaglionati, aiutare la gestione degli ipotetici positivi: il governo ha previsto l’assunzione di 10.000 lavoratori che, rapportati alle 41.000 scuole del Paese, significano una unità in più ogni quattro scuole.
- Ad inizio settembre decine di migliaia di cattedre sono scoperte e altrettanti posti saranno ancora una volta assegnati a docenti precari, con enormi ritardi, rimettendo in causa la continuità didattica; altro sarebbe stato confermare l’organico dell’anno scorso e immettere in ruolo con un concorso straordinario e veloce docenti che da anni e anni lavorano con merito, invece di bandire un concorso ordinario, con tempi di realizzazione che si annunciano lunghissimi e non utili a rispondere all’emergenza.
- A parte alcuni interventi urgentissimi, nessun piano di messa in sicurezza degli edifici è stato approvato e Comuni e Province non possono intervenire anche a fronte di situazioni gravi.
In questa situazione il governo ha varato il Piano Scuola cominciando a delineare una scuola che:
- rimette in causa il gruppo classe a favore “gruppi di apprendimento” con alunni provenienti “dalla stessa classe, da diverse classi e anche da diversi anni di corso”;
- abbassa drasticamente la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, attraverso una “diversa modulazione settimanale del tempo scuola, l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari”, aprendo la porta alla rimessa in causa delle discipline stesse;
- esternalizza interi settori della didattica, tramite accordi con il terzo settore, attraverso “patti educativi di comunità”, veri e propri primi passi di privatizzazione.
Infine, con le Linee Guida per la Didattica Integrata, si colpisce la libertà d’insegnamento, prescrivendo metodologie, formazione, strumentazioni. Qualsiasi saranno le condizioni future, che nessuno può oggi immaginare, e persino se si dovesse malauguratamente presentare di nuovo la necessità di ricorrere integralmente alla didattica di emergenza, nessun documento ministeriale può intervenire nelle questioni che attengono alla garanzia di questo principio fondamentale, espressione di pluralismo e laicità nell’interesse generale. Impediremo che le Linee guida per la Didattica Integrata diventino il grimaldello per comprimere questo essenziale diritto-dovere intrinseco alla funzione del docente.
Come cittadini, prima ancora che come docenti, riteniamo che – indipendentemente dalle condizioni di ripartenza del nostro istituto – sia necessario ripartire dai principi della scuola della Repubblica per arrestarne il declino:
- La scuola della Repubblica è laica, aperta a tutti, si svolge nelle aule, con docenti dello Stato, con programmi uguali per tutti; qualunque modalità “a distanza” non può che essere d’emergenza e straordinaria; nessuna scuola della Repubblica può realizzarsi appieno “integrando” frequenza e modalità a distanza;
- La scuola della Repubblica è il luogo delle relazioni umane in presenza, le uniche che possono determinare costruzione di coscienza e conoscenza critica. Nessuna parte di orario può essere sostituita da attività gestite da enti esterni, terzo settore o altri privati.
- La scuola della Repubblica non è il frutto di una scelta, da frequentare o meno, in presenza o a distanza: è un obbligo fino a 16 anni e persiste come tale per conseguire i diplomi con valore legale statale;
- La scuola della Repubblica è democratica: tutte le decisioni in merito alla vita e all’organizzazione della scuola sono prerogative degli Organi Collegiali, che vivono anch’essi nello scambio e nella presenza.
- La scuola della Repubblica deve tendere a rimuovere le diseguaglianze e, per far ciò, deve essere uguale per tutti, dal Nord al Sud del Paese, dai quartieri più ricchi a quelli più poveri. Non esiste scuola della Repubblica con classi sovraffollate o alternate, che frantumino o disperdano le relazioni.
- La scuola della Repubblica si fonda sulla libertà d’insegnamento, garanzia per tutti i cittadini, strumento della professione docente, che deve poter scegliere metodi e contenuti (nell’ambito del quadro nazionale e dei diritti uguali per tutti) per adattarli alle singole situazioni, al contesto, ai singoli studenti che ha davanti. Per questo, nessuna Linea guida o corso d’aggiornamento può essere imposto per far passare metodi e scelte didattiche determinate. Il dibattito pedagogico è libero e nessuna metodologia può essere considerata migliore o peggiore a priori.
È lo Stato, non i singoli istituti – non le Regioni nell’ottica dell’Autonomia Differenziata, non i privati – che ha il dovere di garantire tutto ciò in sicurezza. La responsabilità penale a carico dei dirigenti scolastici in questa caotica situazione è perciò da rifiutare.
Facciamo nostri questi principi e ci impegniamo a salvaguardarli, assumendoli come uniche linee guida oggi – qualsiasi siano le condizioni in cui si svolgerà l’anno scolastico – e quando l’epidemia verrà definitivamente sconfitta e condizioni di normalità verranno ripristinate.
Invitiamo il Consiglio di Istituto e tutta la comunità scolastica a unire le proprie voci alla nostra per pretendere dalle istituzioni uno sforzo adeguato per scongiurare i due pericoli che abbiamo davanti: l’insicurezza di alunni, personale, famiglie e la fine della scuola della Repubblica.
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