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di Giovanni Cocchi

Decine di mozioni dei Collegi dei docenti delle scuole italiane stanno rifiutando la proposta di riforma formulata dal Governo. Frutto di dibattiti e confronti serrati, svolti in corpore vili nella loro legittima sede consultiva, questi documenti costituiscono la risposta concreta e reale ad un progetto che non può essere semplicemente criticato ed emendato, ma che va respinto nella sua interezza.

Il piano Renzi disegna una scuola che non risponde più al dettato costituzionale. Una scuola da cui lo Stato – come espressamente dichiarato nel testo – si ritrae in modo consistente per lasciar posto ai privati, è una scuola che calpesta l’art. 33 della Costituzione, laddove si dice che “la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Non ci possono essere equivoci sul significato di questa asserzione: la scuola statale va garantita a tutti, fino ai più alti gradi dell’istruzione, il che significa costruire le scuole e assicurare il loro funzionamento nel tempo, renderle e mantenerle agibili, finanziarle sul piano strutturale e infrastrutturale, dotarle di personale e strumenti adeguati. Trovando nel bilancio dello Stato tutte le risorse necessarie.

Una scuola che si offre al mercato come un prodotto da acquistare in regime di libera concorrenza o che sopravvive grazie a sovvenzionamenti filantropici o attività di volontariato è una scuola che non può più dichiarare a studenti e docenti che “l’arte e la scienza sono liberi e libero ne è l’insegnamento”. E’ una scuola condizionata e condizionabile. Culturalmente e politicamente marcata. Economicamente dipendente e dunque vincolata. E’ una scuola che ha rinunciato al suo mandato e alla sua finalità ontologica: restituire l’uguaglianza delle opportunità a chi nasce in condizioni di inferiorità socio-culturale, attraverso lo studio, la riflessione critica e l’esercizio della cittadinanza attiva.

La legge di iniziativa popolare “Per una buona scuola per la Repubblica” va, invece, esattamente in questa direzione. Frutto di una riflessione democraticamente condivisa, messa a punto da migliaia di cittadini italiani attraverso un percorso di costruzione di un modello di scuola che garantisce soluzioni concrete ai bisogni reali di chi la scuola la vive ogni giorno, la Lip è, non a caso, di nuovo in Parlamento, alla Camera e al Senato, presentata da un folto schieramento trasversale a tutte le forze politiche e sostenuta da un comitato nazionale che ha presìdi in tutta la penisola.

La Lip è pronta per essere discussa, emendata e approvata. I suoi 29 articoli costituiscono altrettante risposte ai gravissimi problemi della scuola italiana, drammaticamente esasperati dalla drastica riduzione dei fondi operata a partire dalla finanziaria del 2008 – mai più risanata – e dallo sciagurato riordino dei cicli messo in atto nello stesso annus horribilis.

Classi poco numerose, per risolvere a monte il problema del recupero, anche da un punto di vista economico; biennio unitario, per consentire ai ragazzi di scegliere con più consapevolezza il loro percorso formativo, riducendo così i fenomeni di insuccesso, dispersione e abbandono; obbligo scolastico a 18 anni con l’avvio dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia e investimento in istruzione pari alla media europea, per avvicinarci davvero all’Europa e non solo per togliere anni e fondi alla scuola secondaria per fare ancora cassa; autovalutazione d’istituto e rendicontazione sociale, per attivare percorsi di autoanalisi che rispondano alle esigenze peculiari di ogni singola scuola e le consentano di adottare specifiche soluzioni di miglioramento; formazione universitaria obbligatoria per i docenti, per approfondire e aggiornare la preparazione disciplinare e acquisire gli strumenti psicologici e didattici necessari per rifondare ogni giorno la relazione pedagogica.

Se vogliamo veramente considerare, valorizzare e premiare il merito – come tutti, soprattutto gli immeritevoli, ormai recitano in coro – Governo e Parlamento non possono ignorare l’unica proposta di legge sulla scuola in grado di restituire consistenza e dignità all’istituzione più importante di un Paese che voglia ancora definirsi civile.

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    antonella costanzo

    I 29 articoli della riforma #unabuonascuolaperlaRepubblica costituiscono i temi peculiari della crescita culturale della società italiana e pongono le basi della partecipazione, condivisione, elaborazione individuale e collettiva di docenti, studenti, genitori.

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