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All’inizio del corrente anno scolastico, mentre si paventava il rafforzato potere attribuito dalla L. n. 107/15 ai Dirigenti scolastici e si era avviato un primo dibattito sulle iniziative volte a contrastare il ruolo manageriale del DS, nella maggior parte delle scuole i Dirigenti hanno illegittimamente ed arbitrariamente estromesso gli OO CC. sia nella formazione delle classi, sia nell’assegnazione dei docenti ad esse sia nella formazione dell’orario scolastico.
Illegittimamente ed arbitrariamente, perché la legge 107 (la pseudo buonascuola) mantiene in realtà intatte alcune fondamentali prerogative degli Organi Collegiali.

Vediamo quali, soprattutto nella speranza che le Rsu di scuola e gli organismi territoriali del sindacato mettano in atto iniziative per la loro salvaguardia.

All’inizio dell’anno scolastico, i dirigenti scolastici, prima di procedere alla formazione delle classi e dell’orario scolastico ed all’assegnazione dei docenti alle classi, avrebbero dovuto convocare gli OO CC dell’istituzione scolastica per acquisire i criteri generali definiti dal Consiglio di Istituto e le proposte formulate dal Collegio dei docenti.

L’art. 7 T.U. n. 297/94 stabilisce infatti che: “il collegio dei docenti: b) formula proposte al direttore didattico o al preside per la formazione e la composizione delle classi e l’assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell’orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati al consiglio di circolo o di istituto”.

L’art. 10 del medesimo T.U. n. 297/94 stabilisce inoltre che “Il consiglio di circolo o di istituto indica altresì i criteri generali relativi alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei docenti, all’adattamento dell’orario delle lezioni o delle altre attività scolastiche alle condizioni ambientali.

L’art. 396 del TU n. 297/96 stabilisce: “in particolare al personale direttivo spetta:
d) procedere alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell’orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o di istituto e delle proposte del collegio dei docenti”.

Insomma, risulta evidente, come peraltro ha precisato lo stesso Ministero P.I. nella nota n. 1144 del 29/4/1980, che “i criteri generali” e le “proposte”, pur avendo carattere preparatorio rispetto all’atto finale, “sono obbligatori nel senso che, qualora manchino, l’atto finale è invalido”.

Tale principio peraltro è stato ribadito dal MIUR con la nota del 1 settembre 2011 che, tra l’altro, ha affermato che “il rispetto della continuità educativo-didattica dovrà essere considerato obiettivo prioritario”.

Anche due autorevoli ex -Dirigenti ministeriali, G. Rappazzo e A. Pietrella (La gestione collegiale della scuola – Milano, 1988 p.416 ) hanno precisato :” Il Ministero P.I. è intervenuto più volte nella materia, affermando il principio che dal combinato disposto delle norme contenute negli artt. 4 e 6 del DPR n. 416/74 e 3 del DPR n.417/74 (ora riportate senza modifiche negli artt. 7,10 e 396 del D.Leg. vo n. 397/94) si evidenzia una ripartizione di competenze tra il personale direttivo, il consiglio di circolo-istituto e il collegio dei docenti, in base alla quale è attribuita al consiglio di istituto il compito di fissare i criteri generali, al collegio dei docenti è attribuita la competenza a predisporre concrete proposte operative e al personale direttivo quella dell’adozione dei provvedimenti formali che concludono le fasi procedimentali sopra delineate”.

“Per tali motivi” precisano i citati autori “è stato, inoltre affermato che i criteri generali del Consiglio di Istituto sono obbligatori e vincolanti”.

L’obbligatorietà di questo modo di procedere è stata poi autorevolmente ribadita dal Consiglio di Stato, che con decisione della Sez. VI n. 1584 del 9/11/1994 ha precisato che “ai sensi del DPR 31 maggio 1974 n. 417 art. 3 lett. D) l’assegnazione dei docenti alle classi deve essere effettuata dal capo di istituto con l’osservanza dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o di istituto, previa proposta del collegio dei docenti, salva possibilità che il capo di istituto se ne discosti con adeguata motivazione”. Vanno nello stesso senso la pronuncia del CdS Sez VI n. 846/90 ed altre successive. Siamo insomma di fronte a principi ormai consolidati.

La normativa prima citata è chiaramente rivolta a garantire che importanti provvedimenti, che possono condizionare sia l’attività dei docenti sia quella degli studenti, siano affidati, nel rispetto dei principi costituzionali della libertà dell’insegnamento (Art. 33 Cost ) e della imparzialità dell’attività della P.A. (Art 97 Cost.), a tutte le componenti dell’istituzione scolastica, ovviamente nel rispetto dei diversi ruoli.
Difatti, a definire i criteri generali è l’organismo rappresentativo di tutte le componenti della scuola, il Consiglio di Istituto (art. 10 Dlv.vo 297), che ha appunto una competenza di carattere generale sia sotto il profilo organizzativo sia finanziario ed è quindi è l’organo che meglio può definire le linee dell’attività della scuola.

Nell’ambito dei criteri generali fissati dal Consiglio d’istituto, il Collegio dei docenti definisce le proprie proposte, con riferimento, in particolare, alle esigenze di carattere didattico (Art. 7 T.U. n.297/94).

L’atto conclusivo di tale procedimento è il provvedimento del Dirigente Scolastico che “sulla base dei criteri generali stabiliti dal C.d.I. e delle proposte del collegio dei docenti” procede alla formazione dell’orario e delle classi, nonché all’assegnazione ad esse dei docenti.

In tal modo sono garantite l’imparzialità e la trasparenza ed è anche evitata ogni possibile forma di discriminazione e/o di condizionamento.

La normativa del T.U. prima citata non è stata in alcun modo abrogata a seguito dell’istituzione della dirigenza scolastica in sostituzione del ruolo direttivo.
L’istituzione della dirigenza scolastica, infatti, ha tenuto conto della specificità della scuola sia nel senso che il dirigente scolastico deve essere reclutato tra il personale docente che abbia maturato un’adeguata esperienza didattica (art. 29 D.Lgvo n. 165/01), sia nel senso che nella scuola anche la nuova figura del dirigente scolastico deve tenere conto del ruolo degli organi di democrazia scolastica che non sono stati in alcun modo ridimensionati.

L’art. 25 del D.Lvo 30/03/2001 n. 165 ha difatti dettato norme specifiche per la dirigenza scolastica, affermando in modo inequivocabile che le competenze attribuite al DS non incidono in alcun modo sulle competenze degli organi collegiali: “Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali” (art. 25, comma 2 del citato D. Leg.vo n.165/01).

Non si può non ricordare che nel 2013 un solerte Avvocato dello Stato del Veneto formulò un parere secondo cui il famoso decreto Brunetta avrebbe abrogato le competenze degli Organi Collegiali concorrenti con quelle del D.S.; ma, considerato l’ evidente abbaglio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato del Veneto, intervenne subito lo stesso USR del Veneto, che con nota n. 621 del 15/1/2013 precisò che il decreto Brunetta non poteva incidere sulla normativa speciale prevista per la scuola a garanzia della libertà di insegnamento.

La partecipazione obbligatoria degli Organi Collegiali nei procedimenti sopraindicati è quindi fuori discussione; anche la più recente giurisprudenza del giudice ordinario ha ribadito gli stessi principi e di recente la Corte d’Appello di Cagliari – Sezione di Sassari con una sentenza in termini (sent. n. 40/15)- ha precisato che l’art. 25 del T.U. che ha istituito la dirigenza scolastica non ha abrogato le norme del T.U. n. 297/94 che “vincolano le decisioni dei dirigenti scolastici al rispetto delle competenze degli organi collegiali”; pertanto ha precisato la Corte Appello di Cagliari “ è da escludere che i dirigenti scolastici possano assegnare i docenti alle classi senza tener conto dei vincoli posti dalle delibere degli OO.CC.” Nello stesso senso si è pronunciato il Tribunale di Agrigento; n. 2778/04).

Quindi, anche dopo l’istituzione della qualifica del Dirigente scolastico, per la formazione dell’orario scolastico, così come per la formazione delle classi e per l’assegnazione delle classi dei docenti, il DS medesimo deve tenere conto “dei criteri generali stabiliti dal Consiglio di Istituto e delle proposte del Collegio dei docenti” (art. 396, comma 2 lett c) del D.Lvo n. 297/94).
Va considerato soprattutto che la L. n. 107/15, pur avendo rafforzato i poteri del D.S, non ha abrogato le competenze degli OO.CC; difatti il comma 78, che ridefinisce il profilo del DS, ripropone la clausola di salvaguardia delle competenze degli OO.CC, già prevista dal citato art. 25 T.U.165/01: “nel rispetto delle competenze degli OO.CC.”