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Abbiamo riformulato l’articolo 36 della nostra proposta di legge di iniziativa popolare: il nuovo testo è il frutto della discussione nell’assemblea nazionale del 26 novembre e della consultazione dei comitati che ha avuto luogo tra il 28.11 e il 10.12.2017.

L’articolo 36 si intitola ora “Percorsi di cultura del lavoro” ed è radicalmente differente dal precedente (“Percorsi studio-lavoro”), perché siamo convinti che anche e più che mai nel rapporto con il tema del lavoro l’istruzione pubblica debba concretarsi in scuola dello sviluppo e della partecipazione democratica.

Assumiamo pertanto che l’attenzione alla cultura del lavoro sia una delle finalità costitutive e, prima ancora, costituzionali dell’istruzione. Il Lavoro dell’articolo 1 e dell’articolo 4, quindi; non quello subordinato al mercato del lavoro.

Lavoro come trasformazione del mondo, come emancipazione individuale e sociale e come partecipazione. Lavoro come operatività, ma anche studio, ricerca, progetto, diritti, responsabilità, reti di solidarietà, conflitto, vertenze. Tutti criteri, principi e valori che assegnano al Lavoro una valenza culturale, che deve essere compito dell’istruzione intesa come costruzione dell’autonomia di pensiero e di scelta, non delega all’azienda, con la sua logica del comando, della gerarchizzazione, del mantenimento in condizioni subalterne (per non dire di subordinazione del lavoro alla logica del profitto).

Cultura del lavoro e lavoro come cultura, contrapposti alla sua strumentalizzazione, dalla schiavitù al lavoro salariato: quindi cultura del lavoro in ogni tipo di scuola secondaria di secondo grado.
La nostra visione di scuola e la conseguente proposta di articolo assegnano la piena sovranità sul tema del lavoro all’istruzione pubblica. La normativa attuale, invece, insinua una presunta obsolescenza delle istituzioni scolastiche che insistono più direttamente sulla acquisizione di conoscenze e capacità corrispondenti a profili professionali specifici e avvalora la necessità di cedere totalmente il passo all’azienda, con la sua logica, considerata oggettiva e non frutto di intenzione, di un modello di uso del lavoro e così via. Oppure crea spesso situazioni grottesche nelle scuole di tipo liceale, con l’effetto di ribadirne la prospettiva e la funzione tuttora classista, e di suscitare negli e nelle studenti reazioni ingenuamente corporative, che rifiutano pregiudizialmente ogni rapporto con il lavoro, considerato “alternativo” allo studio.

Noi crediamo, all’opposto, che sia possibile e necessario realizzare una scuola disinteressata e unitaria, che consideri la cultura del lavoro uno dei perni fondamentali per la costruzione della cittadinanza attiva e critica.